“CALL ME BY YOUR NAME”: CIAK VI RACCONTA IN ANTEPRIMA IL NUOVO FILM DI LUCA GUADAGNINO

0

IL FILM CALL ME BY YOUR NAME DI LUCA GUADAGNINO HA DEBUTTATO TRIONFALMENTE AL SUNDANCE E SARÀ A BERLINO. UNA VERA SORPRESA CHE CIAK VI RACCONTA  IN ANTEPRIMA

DI PIERA DETASSIS

Al Sundance standing ovation e grandi elogi da Variety e tanti altri per il nuovo film di Luca Guadagnino Call Me By Your Name. Sui giornali italiani il silenzio, nonostante la prossima presentazione a Berlino, nonostante il tema e le scene “forti”. Bizzarro.  Come se di Luca Guadagnino non si dovesse parlare, ma anche come se lui stesso si fosse definitivamente separato da un paese che fatica ad amarlo. Alla fine della visione, ho trovato una sola parola: “magnifico”. Call Me By Your Name è indubbiamente il suo film più personale, girato nei luoghi dove è cresciuto ed è solito vivere, “1983, Somewhere in northern Italy” suona l’incipit della storia, precisamente tra Crema e Sirmione, fra i laghi e i monti di Clusone. Con ancor maggior precisione, nel cuore di una estate famigliare: il padre  professore universitario americano (Michael Stuhlbarg) ogni anno ingaggia un giovane brillante assistente per lavorare insieme nella villa della campagna italiana. Questa volta tocca al venticinquenne Oliver (Armie Hammer), brillante quanto prestante e dissoluto , che presto farà vibrare il cuore e il corpo del giovanissimo Elio (Timothée Chalamet), il figlio della famiglia Perlman.

Inglese francese, tedesco e dialetto cremasco disinvoltamente s’incrociano nel  nuovo film di Luca Guadagnino , tratto (con qualche libertà, a partire dall’ambientazione) dal romanzo di André Acinam Chiamami con il tuo nome del 2007,  è stato scritto dal regista  con Walter Fasano e James Ivory, leggendario autore di Camera con vista  e Maurice, ed è la storia di un’educazione sentimentale gay che non si perde nei cliché di genere, ma ci delizia di una sensualità impalpabile eppure densa come un velo di seta. Ci sono scene semplicemente immerse nel calore assonnato dell’estate, visioni magnifiche come la scoperta della antica statua nel lago di Garda e sequenze al limite dell’osceno ma intrise di una voracità altrettanto sincera, come quella in cui si apprende l’uso spericolato di una pesca, frutto evocativo, goloso e carnoso.

Gli attori stanno al gioco, la ricostruzione d’epoca è sottotraccia e senza sottolineature da album vintage, i luoghi  e la musica incantano, la cinepresa scivola via silenziosa senza i volteggi invadenti che si concedeva in A Bigger Splash. Qui niente abitini Chanel e rockstar. Non c’è Tilda Swinton. Ci assorda invece malizioso un ronzio di api e cicale, la pelle dei protagonisti s’increspa di lacrime di sudore e desiderio, non resta che sprofondare  in questo mare di sentimenti, là dove si genera la prima scoperta.

Timothée Chalamet, Armie Hammer, Luca Guadagnino e Michael Stuhlbarg

Il regalo che ci fa alla fine Guadagnino è il monologo con cui il padre si rivolge a Elio, una volta saputa la storia con Oliver. Un testo che toglie il fiato anche se nessuno lo può credere possibile, nessun padre può concedere tanto alla sessualità davanti a un figlio. Eppure queste parole sono per noi quello che attendiamo, una sorta di pacificazione collettiva, prima del ritorno al ricordo dell’estate, al rosicchiare doloroso, per Elio, della nostalgia d’amore, soprattutto il primo amore, soprattutto quell’amore. Per ritrovare un’estate tanto intensa bisogna tornare al desiderio lancinante, privilegiato e strafottente di La collezionista di Rohmer. Non so se è un paragone che amerebbe Guadagnino. Di certo questo suo film, che precede l’attesissimo remake di Suspiria,  è una delle migliori opere d’autore italiano (se non italiana) degli ultimi anni . E chissà se ce lo meritiamo Guadagnino, antipatico al nostro cinema forse per eccesso di disinvoltura internazionale.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here