Oscar 2019, I favoriti alla corte di Hollywood

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Alfonso Cuarón, Olivia Colman, Spike Lee, Rami Malek, Glenn Close, Lady Gaga: ecco alcuni fra i protagonisti degli Oscar 2019 che saranno consegnati a Los Angeles il 24 febbraio. A conquistare l’Academy sono il cinema d’autore (europeo e latinoamericano) con Roma e Cold War e il fenomeno pop Black Panther. Spazio a registi e autori afroamericani
con un occhio di riguardo a nuovi talenti tutti da scoprire come la messicana Yalitza Aparicio

A CURA DI LUCA BARNABÉ, ALESSANDRA DE LUCA, MARCO GIOVANNINI, LAURA MOLINARI

 

 

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Only the cunning succeed. See Emma Stone in #TheFavourite. In select theatres November 23rd.

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EMMA STONE
L’angelica Emma Stone – premiata con l’Oscar per La La Land, una nomination per Birdman – torna alla candidatura grazie a La Favorita e chissà che la Mostra del cinema, dove il film è stato presentato a fine agosto, non le porti nuovamente fortuna. Nella recente opera di
Lanthimos, dove interpreta un ruolo completamente inedito per lei, è l’apparentemente umile Abigail, disposta a tutto pur di diventare l’ancella “favorita” della regina Anna (Olivia Colman), in competizione con l’altrettanto spudorata Lady Sarah (Rachel Weisz). Stavolta l’eterea Stone si mostra senza veli, ma è soprattutto grazie agli occhi e alla capacità manipolatoria che conquista il cuore della Regina e, ça va sans dire, anche il nostro.     L.B.

The favourite

OLIVIA COLMAN
L’immensa Anna de La Favorita, una regina che sembra una desperate housewife, è così
imprevedibile e capricciosa da indurre lo spettatore al dubbio: ma ci fa o c’è? È dalla
Mostra di Venezia che Ciak conduce una vana battaglia per premiare regina e favorite
(che Olivia chiama le mie bitches») come un magistrale unicum. Come provato dal
gadget per la stampa, Yorgos Lanthimos aveva programmato il suo Eva contro Eva
alla Reggia, in ogni dettaglio: un mazzo di carte col magnifico trio nel ruolo di regine,
re e jack vuoti come ectoplasmi, e per i due giovani omuncoli del film asilo politico solo
come jolly. Olivia ha già vinto un sacco di premi; se non ci fosse il ricatto emotivo
dell’eterna piazzata Glenn Close, le avrebbero già recapitato l’Oscar a casa.           Ma.Gio.

The favourite

RACHEL WEISZ
Cocca in carica della svampita regina Anna in La Favorita di Yorgos Lanthimos, che rischia di essere scaricata a favore di Emma Stone, nobile decaduta, e in più cugina e, peggio di tutto, molto più giovane. Rachel, già un Oscar quando aveva circa l’età della rivale (The Constant Gardener – La cospirazione, 2005) subisce l’umiliazione con ferocia, ma senza
accettazione. E che duttile attrice sia si è visto anche in Disobedience di Sebastián Lelio, dove avrebbe meritato un’altra candidatura. Pioggia di nomination per la sua ex “favorita” (Golden Globe, Bafta, Screen Actors, ecc).                                                           Ma.Gio.

ALFONSO CUARÓN
A cinque anni dai fasti di Gravity (7 statuette complessive su 10 nomination), ritroviamo in lizza l’autore messicano Alfonso Cuarón con lo straordinario Roma, già Leone d’oro a Venezia. Quando l’abbiamo intervistato alla Mostra ci ha confidato: «Ammetto che in questo momento non so dove sia la mia statuetta vinta per la miglior regìa, sto traslocando e deve essere ancora imballata in qualche scatolone! Non lo dico con snobismo, sono infatti
molto grato dei premi Oscar a Gravity, anche perché mi hanno consentito di trovare il modo per realizzare poi un film personale come Roma».                                             L.B.

 

 

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“Se parece a mi pueblo” “It feels like my town” Photo by @carlossomonte @romacuaron #ROMACuarón

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YALITZA APARICIO
L’attrice non professionista Yalitza Aparicio è davvero strepitosa nei panni di Cleo, giovane
domestica al servizio della famiglia borghese anni Settanta al centro del film autobiografico di Cuarón, Roma. La ragazza è stata scelta dopo un lungo casting realizzato dall’autore messicano: «L’esperienza cinematografica per me è stata qualcosa di completamente nuovo e inaspettato. Al principio avevo molta paura nel trovarmi su un set in una metropoli come Città del Messico, perché vengo da una piccola città rurale di provincia (Tlaxiaco, Oaxaca,Nda)…». Il fatto che Aparicio sia diventata protagonista di un film acclamato internazionalmente è una bella favola, se poi vincesse anche l’Oscar entrerebbe davvero nel Mito del cinema.                                                                                               L.B.

CHRISTIAN BALE
Ruvido, silenzioso, Christian Bale è il “cavaliere oscuro” di Hollywood, e ama trasformarsi fisicamente per aderire ai suoi personaggi spesso estremi. E l’Academy, che ama il mimetismo degli attori, potrebbe regalargli per il ruolo di Dick Cheney (i due sono nati lo stesso giorno, il 30 gennaio) in Vice – L’uomo nell’ombra, il suo secondo Oscar, dopo quello vinto per The Fighter nel 2010. Questa volta l’attore è ingrassato di oltre 20 chili grazie
a una dieta a base di dolci per una magistrale interpretazione che gli ha già fruttato una pioggia di candidature, un Golden Globe, un Critics’ Choice Award.                          A.D.L.

BRADLEY COOPER
Debutto con il botto per Bradley Cooper! Con la sua prima regia conquista l’Academy e potrebbe aggiudicarsi l’Oscar per il miglior attore protagonista. La giuria premierà il suo coraggio? Bradley ha lavorato a A Star is Born per quasi tre anni, assumendosi anche il rischio di coinvolgere la più grande popstar planetaria» Lady Gaga. «Mi trovavo a una cena di beneficenza e, a un certo punto, sale sul palcoscenico Stefani (come la chiama lui, Nda) e comincia a cantare La vie en rose. Mi ha messo al tappeto!» ha rivelato Cooper che poi ha ricreato la scena nel film. Ma al fianco della Germanotta l’attore non sfigura negli stropicciati panni di Jackson Maine, rocker disperato ormai sul viale del tramonto. E alla fine Cooper deve averci preso gusto perché l’attore scriverà, dirigerà e sarà il protagonista di Bernstein, il biopic dedicato all’acclamato compositore Leonard Bernstein.                L.M.

 

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#LookWhatIFound #AStarIsBorn

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LADY GAGA
Se molte attrici sono capaci di sbalordire il pubblico grazie all’aiuto di diete e make-up per le loro stupefacenti metamorfosi fisiche, a Lady Gaga è bastato rinunciare al trucco per sorprendere e conquistare il pubblico nei panni di Ally in A Star Is Born. Ai Golden Globe ha vinto “solo” la statuetta per la canzone Shallow, ma la celebre pop star, trasformata in una vera e propria attrice da Bradley Cooper, si è rifatta ai Critics’ Choice Awards (quelli che secondo le statistiche predicono più accuratamente le nomination e le vittorie agli Oscar) dove si è affermata come migliore interprete.                                                          A.D.L.

 

 

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Long live the king. Watch the new trailer for Marvel Studios’ #BlackPanther. In theaters February 16! Watch the full thing: [link in bio]

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BLACK PANTHER
E a questo punto i guerrieri di Wakanda non hanno nemmeno bisogno di vincere l’Oscar, perché sono già entrati nella leggenda. Black Panther è il primo titolo di supereroi ammesso al tavolo degli adulti, quello dei migliori film. In 91 edizioni! E la ciliegina, o la fragolona, sono le altre sei nomination. Certamente ha contribuito il vento blackish, ma l’incrocio di
spettacolo e contenuto del film è superlativo, così come il mix di generi: fantascienza, James Bond, geopolitica, exploitation e cultura tribale. Meriterebbe un premio solo per il marketing, che ha smosso gente di tutte le età e razze, e inusitate fiumane femminili attirate delle meravigliose Amazzoni del “Continente nero, alle falde del Kilimangiaro”, dove l’utopia ha trionfato e c’è l’assoluta parità dei sessi.                                              Ma.Gio.

BlacKkKlansman
BlacKkKlansman

SPIKE LEE
Fino a oggi Spike Lee ha ottenuto appena due nomination (per il documentario 4 Little Girls e il film Fa’ la cosa giusta). Nel novembre 2015 – nella serata che anticipa la cerimonia ufficiale – ritirò un Oscar onorario «per il contributo al cinema», per boicottare poi, pochi mesi dopo, l’edizione 2016, ribattezzata “Oscar So White”, vista la smaccata assenza di neri nelle nomination principali. Per il folgorante BlacKkKlansman, Lee meriterebbe il premio al miglior film o alla miglior regia, non solo per il tema razziale, ma perché raggiunge, per forza espressiva e capacità di spiazzare lo spettatore, capolavori come il già
citato Fa’ la cosa giusta e Mo’ Better Blues. Forza Spike!                                              L.B.

 

 

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“All we hear is Radio Ga Ga.” #BohemianRhapsody

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RAMI MALEK
Dopo l’abbandono del tormentato progetto da parte di Sacha Baron Cohen sembrava non ci
fosse più un attore capace di diventare Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody. E invece Rami Malek, libero dalla felpa dentro cui si nascondeva in Mr. Robot, ce l’ha fatta a
trasformarsi nell’icona rock leader dei Queen grazie a impegno, volontà, coraggio, un pizzico di incoscienza, trucco e coreografie. Con un occhio a Liza Minnelli, Aretha Franklin, David Bowie, Jimi Hendrix. Il risultato è sorprendente e ha già regalato all’attore un meritato Golden Globe.                                                                                         A.D.L.

VIGGO MORTENSEN
E pensare che per un’assurda accusa di scorrettezza politica (ha pronunciato un termine dispregiativo verso gli afroamericani, ma solo per condannare chi ne fa uso) Viggo Mortensen ha rischiato di non essere incluso nella cinquina dei migliori attori per il suo ruolo in Green Book. Un ruolo meravigliosamente scritto e magnificamente interpretato, grazie anche a una “devastante” dieta italo-americana che lo ha fatto ingrassare di venti chili rendendolo simile al vero Tony Lip. Generoso, onesto, perfezionista, per Viggo sarebbe una statuetta più che meritata.                                                                             A.D.L.

MAHERSHALA ALI
Due anni fa è diventato padre per la prima volta e ha vinto un Oscar come miglior attore non protagonista per Moonlight. Questa volta Mahershala Ali si cimenta con una commedia, seppure dal gusto amaro, Green Book, che gli ha già regalato un Golden Globe, complice una brillantissima sceneggiatura e la preziosa complicità del coprotagonista, Viggo Mortensen. Un ruolo irrinunciabile quello del pianista Don Shirley, che ripropone fra dramma e umorismo la questione razziale, attuale negli anni Sessanta come oggi.    A.D.L.

MELISSA MCCARTY
Una Melissa McCarthy così non l’avevamo mai vista. In Copia originale, nei panni della
scrittrice Lee Israel che negli anni Settanta decise di sbarcare il lunario falsificando
lettere di personaggi famosi, l’attrice compare ingrigita, schiva e dimessa, assai lontana dai ruoli colorati ed esuberanti ai quali ci ha abituati. Se il 24 febbraio salirà sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles, potrebbe apparire nel suo nuovo glam look che la vede dimagrita di ben 35 chili, persi per la commedia Life of the Party diretta dal marito Ben Falcone.   A.D.L.

WILLEM DAFOE
Tre nomination all’Oscar (Un sogno chiamato Florida, L’ombra del vampiro, Platoon) e mai una statuetta. Chissà se è la volta buona per Willem, che nel biopic di Julian Schnabel è un Van Gogh semplicemente straordinario e ha già vinto, con merito, la Coppa Volpi a Venezia. Curioso che non avesse ottenuto nemmeno una candidatura per il controverso L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese. Quel film lo ha reso il secondo migliore (e più umano) Gesù della storia del cinema dopo il “non attore” Enrique Irazoqui de Il vangelo secondo Matteo di Pasolini. Occorre un miracolo perché Dafoe vinca l’Oscar?               L.B.

 

GLENN CLOSE
Quello vinto con The Wife – Vivere nell’ombra è il primo Golden Globe assegnatole per un lavoro cinematografico. Ora Glenn Close, icona della New Hollywood, alla sua settima candidatura all’Oscar, sfida le grandi favorite di questa edizione con una storia che parla di donne capaci finalmente di trovare voce e identità, inseguendo i propri sogni in un mondo
dominato dagli uomini. Molte signore dell’Academy, tra cui quelle che applaudivano in piedi quando l’attrice invitava madri e mogli alla realizzazione personale, potrebbero votare per lei.                                                                                                                   A.D.L.

REGINA KING
L’abbiamo incontrata per la prima volta in Boyz n the Hood – Strade violente e ritrovata poi in Poetic Justice e L’università dell’odio. In Se la strada potesse parlare interpreta la madre della giovane protagonista, un ruolo chiave non solo nel film ma nell’intera filmografia di Barry Jenkins. Se ne sono accorti i membri della Hollywood Foreign Press Association
che l’hanno premiata con un Golden Globe come migliore non protagonista drammatica, e ora è tra le superfavorite anche ai prossimi Oscar. Caso vuole che Jenkins fosse nel 1985 il nome del suo personaggio di esordio nella serie tv 227.                                           A.D.L.