Salvate dai pesci, nel doc di Ri-scatti le donne di Rebibbia

In un libro i 'Racconti liberi dalla Casa Circondariale Femminile di Rebibbia'

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Salvate dai pesci

E’ tra i premiati de Lo Spiraglio, al MAXXXI di Roma, l’associazione di volontariato Ri-scatti, che dal 2014 crea eventi e iniziative di riscatto sociale attraverso la fotografia e le arti. E che nel libro Salvate dai pesci. Racconti liberi dalla Casa Circondariale Femminile di Rebibbia (edito da Castelvecchi e in distribuzione nelle principali librerie e sui canali digitali) raccoglie favole, ricordi e sogni delle donne di Rebibbia protagoniste del laboratorio di narrazione teatrale realizzato all’interno della Casa Circondariale femminile di Rebibbia grazie a RI-SCATTI ODV e curato da Michela Cesaretti Salvi.

Una serie di brevi testi, accompagnati da un video documentario (che trovate di seguito) che raccoglie una serie di racconti personali emersi in modalità collettiva, secondo un percorso poco lineare, di continua scoperta e reinvenzione, e decisamente diverso da quello che ci si era prefissi. Una strada che nell’intenzione iniziale poteva portare alla realizzazione di uno spettacolo e che ha invece condotto ad un prodotto editoriale originale, corredato di un breve documentario audiovisivo.

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Un documentario che ha vinto il premio speciale Luciano De Feo, istituito da Il Pensiero Scientifico Editore, al Lo Spiraglio Filmfestival della salute mentale ospitato dal MAXXI di Roma dall’11 al 14 Aprile. Con questa motivazione:

“Il premio è andato al film Salvate dai pesci. Racconti dalla sezione femminile di Rebibbia, cortometraggio diretto da Stefano Corso. Il film è una testimonianza partecipata e sul campo, in presa diretta, che racconta i frammenti di un percorso di narrazione all’interno di un grande carcere, ma in uno spazio libero, senza sbarre e senza sorveglianza. La scelta del premio riprende l’idea di cinema che aveva Luciano De Feo: un cinema universale, un cinema educatore, un cinema che deve capire e parlare più lingue e mettere in comunicazione tra loro popoli, storie e contesti nazionali anche molto diversi”.

Salvate dai pesci

Secondo il progetto iniziale, il laboratorio Attraverso le storie ha l’ambizioso obiettivo di condurre le detenute madri coinvolte a raccontare la propria storia in modo fiabesco e in uno stile comprensibile anche per un bambino in quanto, secondo quanto riportato dagli educatori, la difficoltà nel raccontare la ragione della loro assenza trasforma irreversibilmente in modo negativo la relazione con i figli e di conseguenza con l’intero nucleo familiare.

Tuttavia storie così personali e dolorose si sono rivelate impossibili da affrontare in maniera diretta, il laboratorio è quindi diventato uno spazio aperto in cui parlare di sé, dei propri sogni e delle proprie speranze, e quindi creare nuove connessioni fra le partecipanti. Con il tempo, si è trasformato in uno spazio libero fisico e mentale, in qualche raro momento persino autogestito, in cui le donne hanno raccontato molto del proprio passato, delle proprie aspettative per il futuro e del presente in carcere.

Salvate dai pesci raccoglie l’esito di questa esperienza, i frammenti di storie, racconti e aneliti di vita libera e altra, in forma onirica e fiabesca, fermando quei momenti in cui la presenza concreta e tangibile delle mura perimetrali di Rebibbia diventa quasi trasparente. Non perché la fantasia sia una via di fuga, ma perché magicamente diventa la costruzione di una possibilità nuova e diversa rispetto al passato.

Nel libro è disponibile un QR Code per vedere il documentario realizzato da Ri-scatti durante l’esperienza di laboratorio, un modo per dare anche voci e volti ai testi realizzati dalle donne.

Quali sono i pensieri delle donne detenute nella sezione femminile del carcere di Rebibbia? Quale è la loro dimensione temporale: quella di un passato che avrebbe potuto essere ma non è stato, quella di un presente doloroso o quella di un futuro incerto? Se avessero l’opportunità di mettere su carta i propri pensieri, queste donne cosa scriverebbero? Il laboratorio di Ri-scatti Attraverso le storie, condotto da Michela Cesaretti Salvi, svela che scriverebbero Come sono adesso, in uno spazio protetto in cui la dimensione individuale e la dimensione collettiva, nonostante le molte differenze, coincidono. Da questo nascono le molte storie del libro, storie di nomi, di oggetti, di luoghi fisici possibili e impossibili, di ricordi, desideri e rimpianti. Storie fragili e dolenti che lasciano sempre uno spiraglio di luce per la speranza e per la libertà.

“Il carcere nell’immaginario collettivo è un non luogo, lontano e sconosciuto ai più. Ri- scatti, con il progetto fotografico realizzato nel 2022 in collaborazione con il PAC di Milano e con questo laboratorio di narrazione a Roma ha cercato di far conoscere le dinamiche, le vite, le esistenze di chi lo vive, dando voce e ai diretti protagonisti e portando il loro sguardo all’esterno del penitenziario – ha dichiarato Stefano Corso, Presidente RI-SCATTI. – Persone in grado di condividere sentimenti, sofferenze e sogni in una prospettiva di crescita e riscatto sociale. Un libro secondo noi prezioso e delicato che permette di avvicinare il mondo fuori al mondo dentro, in maniera spesso inaspettata per il lettore”.

“È stata un’esperienza intensa, trasformativa. Chi entra a Rebibbia sa di essere, con le sue azioni, niente di più che una piccola goccia nell’oceano – sono state le parole di Michela Cesaretti Salvi, attrice e docente di teatro. – Ma siamo rimasti in ascolto, e lavorando sul gruppo, utilizzando giochi teatrali sul corpo, sulla voce, sulla fiducia, abbiamo cercato di costruire uno spazio di espressione libera in cui le donne, sentendosi ascoltate, hanno iniziato ad ascoltare sé stesse, a riattivare l’immaginazione e a mettersi in gioco nella scrittura. Far uscire i loro pensieri, le loro voci da quelle mura, ci è sembrata un’azione importante, necessaria“.

Credo che in questo momento storico sia particolarmente importante dare voce a chi di solito non ha la possibilità di esprimersi, ai più fragili, a chi sta scontando una pena in carcere (pur senza entrare nel merito dei casi individuali) – le ha fatto eco l’autore Mauro Corso. – Questo libro ha quindi una duplice funzione: ha permesso a chi ‘è dentro’ di fare uscire la propria voce al di fuori delle quattro mura del carcere e ora permette ai lettori di entrare in quelle mura, vedere e ascoltare. In questo percorso laboratoriale durato alcuni mesi siamo entrati in contatto con sogni, speranze e disillusioni di tante donne detenute. Una sola coordinata ci ha orientato in questo itinerario tutt’altro che facile: la disponibilità ad ascoltare senza alcun pregiudizio“.

 

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