Arriva nelle sale dal 12 ottobre − nella settimana in cui ricorre l’80esimo anniversario del rastrellamento del Ghetto di Roma avvenuto il 16 ottobre 1943 − L’ultima volta che siamo stati bambini, film d’esordio alla regia di Claudio Bisio.
IL FATTO L’ultima volta che siamo stati bambini
Roma, estate 1943. Quattro bambini giocano alla guerra mentre attorno esplodono bombe vere. Italo è il ricco figlio di un gerarca fascista, Cosimo ha il padre al confino,Vanda è orfana. Riccardo invece viene da un’agiata famiglia ebrea e il 16 ottobre viene portato via dai tedeschi insieme a oltre mille persone del Ghetto. Uniti da un “patto di sputo”, i tre amici decidono di partire in segreto per convincere i tedeschi a liberare Riccardo, mentre sulle loro tracce viaggiano Agnese, suora dell’orfanotrofio in cui vive Vanda, e Vittorio, fratello di Italo ed eroe di guerra fascista.
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L’OPINIONE L’ultima volta che siamo stati bambini
Per il suo esordio dietro la macchina da presa Claudio Bisio scavalca ogni cliché e aspettativa cimentandosi con un film in costume interpretato da bambini, una sfida dettata dalla passione per l’omonimo romanzo di Fabio Bartolomei, da cui è tratto il film, presentato in anteprima al Giffoni Film Festival. Viaggio vuol dire avventura e scoperta, ricerca e cambiamento, conoscenza e coscienza, e Bisio si muove agilmente tra questi temi sfuggendo alle trappole di una narrazione consolatoria. D’altra parte la Storia parla chiaro: dei 1259 ebrei deportati da Roma 207 erano bambini e nessun di loro è tornato a casa. Si inizia con la commedia e si scivola lentamente nel dramma in questo doppio romanzo di formazione che vede coinvolti piccoli e grandi, con punti di vista assai diversi su un Paese lacerato dalla guerra, dalla miseria e dalla paura. Se per gli aspiranti eroi si tratta di un gioco poetico e fantasioso, per il soldato e la suora il caos e la violenza sono l’occasione per mettere due fedi a confronto. Il neo-regista guarda a film come Stand by Me – Ricordo di un’estate e I Goonies e sfuma i riferimenti temporali per restituirci un viaggio senza tempo, fiabesco, universale, per poi riportarci necessariamente alla dura realtà della guerra e della morte. La colonna sonora originale del film è firmata da Pivio e Aldo De Scalzi.
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