MORGAN

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Come spiega il dottor Ziegler, “Morgan è il terzo esperimento, un ibrido, un organismo capace di prendere decisioni autonome e avere risposte emotive sofisticate. Supera le nostre più alte aspettative”. Ma alla corporazione che ha patrocinato e finanziato l’operazione interessa una cosa sola, “testare la commerciabilità, valutando rischi e benefici” e invia l’algida (e armata) Lee Weathers a giudicare ed eventualmente liquidare l’oggetto. Sì perché cosa succede se l’iperdotata Morgan non si rivelasse, in qualche modo, adatta (sì, è una lei) allo scopo? O fosse troppo indipendente? O avesse reazioni incontrollate? Magari diventasse aggressiva?

Un tema già battuto dalla fantascienza applicata alla biologia (da Specie mortale a Splice), ovvero quello delle creature inventate in laboratorio, per il debutto nel lungometraggio di Luke Scott, figlio di Ridley e cresciuto vicino al padre (è apparso ancor fanciullo ne I duellanti, nel 2012 ha diretto il corto Loom e prima, nel 1999, un episodio tv di The Hunger), che infatti a sua volta dietro le quinte produce e sorveglia.

Importante il cast impegnato, da Kate Mara (che con Ridley ha lavorato in The Martian) a Toby Jones, Paul Giamatti, Jennifer Jason Leigh, Michelle Yeoh, mentre la protagonista possiede i freddi e angelici tratti di Anya Taylor-Joy, ovvero la rivelazione del magnifico The Witch. Pur con a disposizione tanto ben di Dio (produttivamente parlando) il film appare però più corretto, come un bel compitino da svolgere, che non avvincente e non si accende quasi mai (qualche performance attoriale a parte) pur essendo composto da materiale altamente infiammabile, per argomento, suspence, action e potenziale artistico. Il lato intimo dei personaggi è prevedibile quasi come le scene di violenza, inevitabile quindi lo scarso favore con cui è stato accolto altrove. Comunque notevole la wilderness in cui è ambientato il fantathriller da camera, luoghi (apparentemente) incontaminati scovati in Irlanda del Nord e in Canada (Columbia britannica).