«Era un film che sognavo la notte, nelle mie fantasie c’era questa famiglia», dichiara Micaela Ramazzotti a proposito nel suo lungometraggio d’esordio come regista, Felicità, presentato nella sezione Orizzonti Extra dell’80ma Mostra del Cinema di Venezia, prodotto da Lotus Production – Leone Film Group con Rai Cinema e in sala dal 21 settembre per 01 Distribution. Al centro, appunto, ci sono i legami familiari, e in particolare «l’emancipazione di due fratelli», Desirè (interpretata dalla stessa Ramazzotti) e il fratello Claudio (Matteo Olivetti), da un contesto disfunzionale alimentato dai genitori (Max Tortora e Anna Galiena). «Mi piace flirtare con i personaggi fragili», afferma Ramazzotti, la cui Desirè però riesce ad affrancarsi «dal momento in cui salva il fratello. Aiutando gli altri riesci a crescere, a fortificarti».
Sul perché abbia scelto di cimentarsi dietro la macchina da presa proprio ora, spiega: «Avevo una visione ben precisa del film e quindi ho avuto la faccia tosta di mettermi lì e dire “Lo voglio dirigere”». Ma secondo i componenti del cast, la condizione di novizia non ha pesato: «Non l’ho sentita come una dilettante alla regia», dice al riguardo Anna Galiena, che a proposito della scelta degli attori sottolinea: «Tutti ci siamo sentiti fortemente voluti». «Solo loro potevano interpretare questi personaggi», conferma Ramazzotti, «sono riusciti a renderli buffi, tragici, con una loro umanità anche se sono mostruosi».
Tra le intenzioni della filmmaker c’era poi quella di «mettere due mondi a confronto», da un lato la Roma vivace della zona di Piazza Vittorio e dall’altro una Fiumicino «piena di palazzi ma deserta». Quest’ultima, per Ramazzotti, si è rivelata una location «molto cinematografica: è un posto che conosco, io sono nata da quelle parti». Da un ambiente diverso proviene invece il personaggio interpretato da Sergio Rubini, che rappresenta, rimarca l’attore, le contraddizioni di una borghesia progressista che guarda «alla facciata e non al contenuto». Riguardo al profondo coinvolgimento della regista in quest’opera prima, Rubini ha inoltre definito l’esperienza sul set «quasi sacrale: eravamo tutti consapevoli che stavamo facendo qualcosa di molto privato e intimo».
Matteo Olivetti confessa invece la difficoltà nel misurarsi con i temi delicati affrontati nel film, che hanno richiesto un approfondito lavoro di documentazione: «Costruire il personaggio è stata una responsabilità». «La scrittura è sempre la parte più importante», ha aggiunto Max Tortora, specificando come i ruoli loro affidati fossero «scritti benissimo, non c’era una parola in più o una parola in meno». Plauso dunque al lavoro delle co-autrici (con la regista) del copione, Isabella Cecchi e Alessandra Guidi, entrambe alla prima sceneggiatura. E a chi si è domandato come mai Felicità non fosse nel Concorso principale di Venezia 80 (dove i sei cineasti italiani in gara sono tutti maschi), Ramazzotti ha risposto: «Io sono felice così».