ADDIO A GIGI VESIGNA, IL PAPÀ DI CIAK

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Si è spento a 83 anni il grande giornalista Gigi Vesigna, storico direttore di Tv Sorrisi e Canzoni e fondatore di Ciak. Ecco il ricordo di Valerio Guslandi, che mosse insieme a lui i primi passi nella nostra rivista, quando il sogno di Ciak era appena nato, con la stessa passione speciale che ci guida anche oggi

gigi-vesigna-645Quando nacque Ciak, nel maggio del 1985, Gigi Vesigna era già un grande direttore. Il “suo” Tv Sorrisi e Canzoni raggiungeva i tre milioni di copie la settimana, in assoluto il settimanale più venduto in Italia. Ma, nonostante il successo, c’era un sogno che aveva inseguito sin da quando era un ragazzo e gli mancava di realizzare, quello di dirigere un giornale che parlasse solo della sua grande passione: il cinema. Il suo giornale ideale doveva raccontare il mondo della celluloide agli altri appassionati, spiegargli in modo semplice e chiaro i film che uscivano, fargli conoscere i suoi protagonisti e gli addetti ai lavori, tutto documentato con il massimo di completezza. Un giornale popolare al servizio del lettore. C’erano state, negli Anni ’50, testate che avevano trattato l’argomento in modo più divulgativo che critico, come quel Novelle Film che doveva poi ispirare a Vesigna il Cineracconto (un film la settimana raccontato attraverso le sue immagini più significative) che per lungo tempo fu un elemento cardine di Tv Sorrisi e Canzoni.

Ciak primo numero
Il primo numero di Ciak, maggio 1985

Negli Anni ’80, però, si parlava già di crisi del cinema, la televisione era vista come un vampiro che ne succhiava il sangue e in più sembrava estremamente difficile fornire ai lettori una guida delle uscite in sala che non rischiasse di venire sconvolta dopo la prima settimana del mese. Nulla che incoraggiasse un editore a tentare l’esperimento di una nuova rivista. Ma, di fronte alla passione e all’irriducibile entusiasmo di Vesigna, l’editore decise di sposare la sua scommessa. Oggi, a trent’anni di distanza, possiamo dire che la sua fu una scommessa vincente. Sono entrato nella redazione di Ciak durante la lavorazione del secondo numero, ma, anche se non ho seguito il primo, posso dire di averne fatto parte sin dall’inizio. Oltre a Pierluigi Ronchetti e a Carlo G. Dansi, rispettivamente caporedattore e caposervizio, Vesigna decise di affidarsi a un gruppetto di giovani ancora poco conosciuti per quanto riguardava la redazione, tutti intorno ai trent’anni: oltre a me, Andrea Ferrari e Massimo Lastrucci. Credo che la scelta di puntare su di noi derivasse dal fatto che aveva colto in ciascuno quella stessa passione sincera che lo accompagnava da ragazzo. Il che non gli impediva, naturalmente, di rimetterci in riga anche bruscamente quando commettevamo qualche ingenuità, come quando, alle prime serate dei Ciak d’oro, restavamo tra noi invece di fare gli onori di casa tra premiati.

gigi-vesignaAveva un grandissimo fiuto per cogliere al volo i fenomeni e i nuovi personaggi che venivano alla ribalta, era un direttore esigente e preparato, ma proprio per questo anche pronto a riconoscere i meriti di chi lavorava con lui. Ricordo che un sabato sera, a una proiezione, lo vidi con la coda dell’occhio seduto alcune file dietro di me. Pensavo mi avrebbe raggiunto per dirmi qualche battuta e invece all’uscita era scomparso. Lo incontrai il lunedì mattina e mi disse: «Ti ho visto così concentrato nel guardare il film che non ho voluto disturbarti ». In questi tempi in cui i maestri sono ormai scomparsi posso dire che mi (ci) ha insegnato come deve lavorare un giornalista. La passione non basta, ci vuole precisione (anche nel riconoscere e segnare tutte le età dei personaggi che appaiono in una foto) e non stancarsi mai di controllare la veridicità di quello che si scrive. Sembrano sciocchezze e invece credo che ancora oggi si arrabbiasse quando leggeva qualche articolo scritto con superficialità. Per tutta la vita, sia quando sono stato un suo giornalista, sia quando l’ho incrociato dopo il suo ritiro l’ho sempre chiamato direttore. Oggi voglio solo salutarlo dicendogli grazie, Gigi.

Valerio Guslandi