America Latina, viaggio al termine di un uomo

I fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo parlano d’amore e ossessione nel film, un thriller psicologico affidato a Elio Germano, coniugando realtà e immaginazione, tenebre e dolcezza

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America Latina è un film sulla luce e per osservarla abbiamo scelto un punto di vista privilegiato, l’oscurità». Hanno definito così la loro opera terza, America Latina, i fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, che dopo il brillantissimo debutto alla Berlinale nel 2018 con La terra dell’abbastanza e l’Orso d’argento nel 2020 per la sceneggiatura di Favolacce, sono approdati in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e ora in sala dal 13 gennaio con Vision Distribution. L’esplorazione delle tenebre è affidata a Elio Germano, calatosi nei panni di Massimo Sisti, affermato dentista, gentile, professionale e pacato, che vive con la moglie (Astrid Casali) e le due figlie (Carlotta Gamba, Federica Pala) in una villa nei dintorni di Latina. Nonostante il pessimo rapporto con il padre (Massimo Wertmüller) che non perde occasione per umiliarlo e gettarlo nello sconforto, la vita di Massimo scorre quieta fino al giorno in cui in cantina fa una scoperta agghiacciante: legata sul pavimento c’è una ragazzina (Sara Ciocca, un vero talento) che urla in modo straziante e supplica con gli occhi di essere liberata. Inizia così per Massimo una indagine interiore alla ricerca di sé stesso in una palude (quella sui cui Latina è costruita) di emozioni, sentimenti, fragilità, paure e ambiguità, che lo portano a interrogarsi sulla propria identità, mettendo in discussione chi crede di essere. La tensione è forte, lo sguardo del pubblico ancorato a quello del protagonista, narratore inattendibile che ci conduce in uno scomodo percorso tra ciò che viene nascosto sotto il tappeto o nello scantinato, fino al colpo di scena finale. La materia è oscura, eppure i fratelli D’Innocenzo parla- no d’amore. «Ogni volta che ci approcciamo all’amore e parliamo di sentimenti entriamo in connessione con fantasmi, ossessioni, dolcezza, variabili impazzite, l’incertezza dell’avvenire. Con la suspense e quindi il thriller. Pensiamo che America Latina sia un film estremamente tenero, ma ogni sentimento per decollare ha bisogno del suo contrario, perché la vita è fatta di contraddizioni. È un thriller psicologico, un film misterioso, volutamente ambiguo. Amiamo i generi perché possiedono regole da conoscere e usare per far partire la storia più velocemente, ma anche da tradire, e noi lo abbiamo fatto. America Latina contiene in sé tanti generi, la voglia di non ripetere quello che abbiamo fatto. È un film scomodo a noi stessi che abbiamo cominciato a scrivere al Festival di Berlino, in attesa di sapere se Favo- lacce avesse vinto un premio, cercando una struttura meno episodica e frammentaria del film precedente. È stato un modo per allentare la tensione».

America Latina

E a proposito dell’amore aggiungono: «Il femminile ci salva. Il tema principale che volevamo mettere in evidenza è come l’amore riesca a rimettere i vetri rotti al proprio posto. Ogni forma di amore riesce a far sbocciare la vita ed è proprio quando amiamo che siamo persone migliori».  Sui luoghi, che i D’Innocenzo trasformano in veri e propri protagonisti, senza alcuna pretesa sociologica, i registi raccontano: «La casa era un elemento necessario per delineare l’aspetto visivo fondante del film. Il rischio di superare il confine tra simbolico e retorico era molto alto, ma abbiamo fatto molta attenzione. America Latina, realizzato da due gemelli, si basa sulla doppiezza: c’è un sopra e un sotto che quella casa, cinematograficamente irresistibile, specchio dell’emotività e dell’ambiguità del personaggio, ci ha permesso di esplorare. Quella casa ci consentiva inoltre di essere a contatto con l’esterno grazie alle sue grandi vetrate. Il personaggio di Elio è come una mosca dentro un bicchiere, potevamo osservarlo facilmente. Era un elemento già cercato in scrittura e concretizzato durante le riprese. Abbiamo poi ridimensionato questo aspetto in montaggio con tagli consistenti, per raggiungere la sintesi che ci interessava. Siamo attratti dai luoghi sbagliati così come amiamo gli errori compiuti involontariamente. Siamo indulgenti di natura verso ciò che non è riuscito: gli spazi gestiti male, gli abomini architettonici, tutto quello che vorrebbe essere ciò che in realtà non è. Abbiamo a cuore insomma i tentativi falliti». Del resto anche il titolo rimanda a un’opposizione «unendo l’America, che da quando siamo fanciulli rappresenta l’immaginazione, la fantasia, e Latina, quella terra bonificata che è il nostro ambiente naturale. America Latina è dunque il punto di incontro tra sogno e realtà».

Se dal film però vi aspettate risposte certe, fate attenzione alle parole di Damiano e Fabio: «Come spettatori non amiamo i film che propagandano felicità perché non corrispondono a quello che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo. Il nostro obiettivo è infondere dolcezza senza sbatterla in faccia allo spettatore, rifuggiamo dagli psicologismi e agiamo in modo istintivo. Vogliamo lasciare aperto il dialogo con il pubblico, per questo alla fine non tutto è stato spiegato o compreso. I nostri film durano solo 90 minuti, come le partite di calcio, ma è il nostro modo per non metterci la parola fine, per farli continuare a vivere con gli spettatori»