Enea, Benedetta Porcaroli: «La mia Eva portatrice sana di amore»

In Enea di Pietro Castellitto, Benedetta Porcaroli interpreta una donna che illuminerà la vita del protagonista. La ritroveremo nella serie Il Gattopardo

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Venticinque anni e già tanti successi alle spalle tra cinema e serie tv, da Perfetti sconosciuti a Baby e Non uccidere, da La scuola cattolica e 7 donne e un mistero a L’ombra del giorno, Amanda, Il colibrì. In attesa di ritrovarla su Neflix con Il Gattopardo e nelle sale con Vangelo secondo Maria di Paolo Zucca, presentato all’ultimo Torino Film Festival, Benedetta Porcaroli arriva sugli schermi a gennaio con Enea di Pietro Castellitto, dove interpreta Eva, una giovane donna “portatrice sana” di amore. «Eva è capace di mettersi nei panni degli altri – spiega – si innamora del protagonista di una storia molto maschile e radicale e cerca di aiutarlo, diventa la metafora di un sentimento che può essere un’esperienza salvifica. Eva, la prima donna, rappresenta una luce».

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Generazioni a confronto

Quella raccontata da Pietro è una generazione di cui Benedetta riconosce il profilo: «Sebbene l’intento non sia di fare un film generazionale, perché Pietro mostra anche le dinamiche degli adulti, certo è che l’atteggiamento verso la vita è diverso oggi rispetto a quello dei nostri genitori. Infatti il padre di Enea, interpretato da Sergio Castellitto, dice al figlio: “La differenza tra me e te è che io sono nato da una famiglia povera, mentre tu non ti sei sudato nulla di ciò che hai”. La conosco bene questa gioventù che cerca di spingersi oltre per sentire il brivido lungo la schiena. Nove volte su dieci però si sono fatti male. Una generazione che, trasferitasi sui social, ha perso il senso del rischio perché tutto sembra possibile, facile da raggiungere, come se la morte non esistesse. Se vai a 300 all’ora basta incontrare un sassolino per saltare in aria. Non va dimenticato però che anche le generazioni precedenti hanno fatto cose pericolosissime, mio padre mi ha fatto racconti tremendi». Benedetta Porcaroli

Pietro Castellitto e Benedetta Porcaroli in una scena di “Enea”

Su che regista sia Pietro, Benedetta non ha dubbi: «Un pazzo! Quello che ha in testa lo sa solo lui, ma noi attori ci siamo fidati di lui sin dal primo momento. Il copione era geniale, ma mentre giravamo mi chiedevo se ciò che stavamo facendo avesse un senso. Quando ho visto il film mi sono resa conto che dietro quella confusione apparente c’era un’idea molto precisa che nulla ha lasciato al caso».

Il metodo Benedetta

Non ha paura del futuro la Porcaroli, ma si augura di riuscire a non perdere la propria essenza, a «non spegnere quel fuocherello che mi mantiene in vita. Io ho grandi passioni, il cinema è la prima di queste, e spero di non essere costretta a tradirmi, facendo sempre scelte che siano autenticamente mie in un lavoro che a volte rischia di farti diventare anche molto brutto». Ma se un grande talento, come quello di Benedetta, e un pizzico di fortuna sono necessari a costruire una carriera, l’intelligenza nel compiere alcune scelte riveste un ruolo fondamentale: «Non mi sono mai messa a letto per un no e non ho mai avuto paura di dire di no. Anche quando non hai più paura di non lavorare, c’è sempre quel timore che a un certo punto non ti voglia nessuno. È in quel momento che rischi di sbagliare. Cerco di non scegliere presa dall’ansia, resto tranquilla, ho un gusto preciso e capisco subito se un ruolo mi piace oppure no». Benedetta Porcaroli

Anche sulla sua esperienza nella serialità Benedetta ha le idee molto chiare. «Ho finito Il Gattopardo, se Dio vuole. Scrivilo per favore. Ho lavorato su un personaggio bellissimo, Concetta, estremamente rivoluzionario senza bandiere, schieramenti e retorica – in generale non posso proprio lamentarmi di quelli che mi propongono – una donna dell’Ottocento che cerca di rompere il legame con un padre troppo ingombrante. Ma il lavoro nelle serie è lungo e faticoso e a un certo punto ti fa sentire al 41 bis. Rispetto al cinema è proprio un altro mestiere, devi avere una tenuta fisica diversa. Il rischio è quello, cominciare a detestare ciò che stai facendo».