Eva Green vince la sua battaglia legale: «La giustizia ha prevalso»

Concluso lo scontro con la produzione dello sci-fi A Patriot

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Eva Green

A parte la serie Liaison con Vincent Cassell e il prossimo I tre moschettieri – D’Artagnan, avremmo potuto vedere Eva Green anche nello sci-fi A Patriot, film al quale l’attrice sembrava tenere molto ma che l’ha vista costretta a difendersi in aula, per fortuna (sua) con successo. “La giustizia ha prevalso” è stata la sua sintesi al termine della impegnativa battaglia legale.

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“Un film che parlava di una causa che mi sta a cuore: il cambiamento climatico, e che metteva in guardia contro le guerre per le risorse e le migrazioni di massa che si sarebbero verificate se non avessimo affrontato il problema”, ha dichiarato la Green per spiegare il suo attaccamento al progetto. Abbandonato dalla società di produzione White Lantern Films, fallita nell’ottobre 2019.

Uno stop che l’attrice francese non ha accettato, citato in giudizio la società dalla quale pretendeva di ricevere il pagamento di un milione di dollari. Richiesta accolta dalla corte, che si è pronunciata a suo favore, contro la tesi della difesa, secondo la quale sarebbe stata Eva Green ad aver messo in crisi la produzione abbandonando il progetto. Che da un budget di partenza di circa 10 milioni, in realtà, era stato via via ridotto senza dirlo alla protagonista.

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“Trovo che la signora Green non abbia rinunciato ai suoi obblighi ai sensi dell’accordo, né ha commesso alcuna violazione di esso” sono state le parole del giudice secondo quanto riportato dalla stampa (in questo caso The Independent). Un altro dei bersagli dell’attrice, scagliatasi contro la copertura mediatica del processo e il gusto provato dai media – a suo dire – nel “fare a pezzi una donna”.

“Alcune persone nella stampa sono state fin troppo felici di ripubblicare queste bugie – aveva anche detto. – Sembrava di essere assalita dai segugi”. “Mi sono trovata travisata, citata fuori contesto e il mio desiderio di fare il miglior film possibile è stato fatto sembrare un’isteria femminile”, ha aggiunto riferendosi anche ai messaggi privati citati in aula, come quello in cui si riferiva ad alcuni dei membri della troupe come “contadini di merda” e al film stesso come a un “B movie di merda”.

Definizioni dalle quali si è dissociata concludendo di aver “combattuto con le unghie e con i denti per difendere il bellissimo film che amavo e per il quale avevo firmato”. “Hanno fatto false accuse su di me in documenti che il giudice ha dimostrato essere totalmente errati, – ha detto inoltre. – “Sono stata costretta a oppormi a un piccolo gruppo di uomini, finanziati da ingenti risorse finanziarie, che hanno cercato di usarmi come capro espiatorio per coprire i propri errori”. Dichiarandosi, alla fine, “orgogliosa” di essersi opposta alle loro prepotenze e di aver difeso la propria “reputazione professionale.