L’ETÀ DELL’INNOCENZA

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L’ETÀ DELL’INNOCENZAChe film sublime! Sin dai titoli creati da Saul Bass sulle note di Elmer Bernstein. E l’apertura all’interno del teatro dell’Opera dove, mentre sulla scena si consuma l’amore impossibile fra Margherita e Faust, Scorsese ci presenta i tre protagonisti e splendidi interpreti, in una sequenza tecnicamente audace, sorprendentemente montata da Thelma Schoonmaker. Binocoli da teatro osservano, frugano nell’ombra dei palchi e gli sguardi si inseguono, dimentichi di ciò che accade sul palcoscenico. L’effetto di queste immagini in movimento, deformate dalle piccole lenti, sembra aver richiesto un anno di tentativi. E il risultato è uno fra i più emozionanti inizi che io ricordi. Dovrei moderare il mio entusiasmo e lasciare a voi il piacere della scoperta ma permettetemi almeno di introdurre la scena successiva: il grande ballo annuale, tanto atteso dalla New York che contava attorno all’anno 1870, restituito magicamente dalle scenografie di Dante Ferretti. Nel grande salone vuoto, gli ospiti, allacciati nelle codificate movenze di un valzer, appaiono in assolvenza come fantasmi di un mondo ormai da tempo tramontato, accompagnati da un commento fuori campo di Joanne Woodward.

L’ETÀ DELL’INNOCENZAParole nostalgiche del romanzo omonimo di Edith Wharton, dall’ironico titolo che rimanda ad un’età che ha già perso ogni traccia della propria innocenza. Quindi il lungo piano sequenza che segue e precede Daniel Day-Lewis attraverso un susseguirsi di sale e che lo conduce ad incrociare lo sguardo con la sua promessa sposa Winona Ryder, dolce e ingenua come ci si aspetta da una giovane nubile del suo rango. I loro occhi guardano in macchina rendendoci interamente partecipi di un sentimento amoroso, sovrastato da un desiderio non consumato. Le regole rigide e soffocanti di una società bigotta ed ipocrita si palesano subito, nei commenti di condanna per la Contessa Michelle Pfeiffer, cugina della Ryder, tornata a New York dopo aver abbandonato un conte europeo freddo e crudele. Un gesto che quel mondo non sa perdonare. Ma, a differenza della fidanzatina, la bella contessa ha il coraggio di avere opinioni proprie e di osservare con un misto di pietà e rassegnazione la società dalla quale è in parte esclusa. È il suo coraggio di “pensare’” più ancora dell’avvenenza, a renderla estremamente attraente al cuore del protagonista. Ma una scelta sentimentale appare molto, forse troppo, pericolosa.

L’ETÀ DELL’INNOCENZAEppure queste creature remote provano i nostri stessi desideri e le nostre paure. È possibile a tratti identificarsi con loro. Le “buone maniere” celano una segreta violenza e brutalità non dissimile da quelle che guidano i rapporti attuali. Ma conformi a regole non scritte, scelgono spesso di vivere di struggenti rimpianti. Ricordo di aver letto che la macchina da presa, quando sembra ferma, in realtà si insinua fra i personaggi ed ascolta i loro discorsi come un indiscreto ospite indesiderato. Mi è tornato in mente rivedendo il film e questi momenti di apparente calma sono laceranti nella scoperta di una costante, elegante e crudele ipocrisia. I costumi meravigliosi di Gabriella Pescucci donano un’eterea eleganza alle figure femminili e la repressione vittoriana rende estremamente sensuale un discreto sfiorarsi di mani guantate e inebria nel profumo delle rose gialle che la Contessa predilige. Una donna destinata ad imprimersi nella nostra memoria come una figurina di spalle in un tramonto sull’acqua, catturata dalla fotografia del geniale Michael Ballhaus.