Fight Club, in Cina la censura cambia il finale del film

La versione in streaming del classico di David Fincher si adegua

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Fight Club

“Non si parla del Fight Club”, ma soprattutto non si parla del finale… almeno in Cina, dove la censura ha colpito ancora. Questa volta cambiando il finale del classico di David Fincher, adeguato alla sensibilità locale, ma soprattutto a una sorta di pedagogia civica preoccupata di non dare l’esempio sbagliato agli spettatori che avrebbero potuto essere ispirati dallo spirito anarchico e anti governativo del film e del suo protagonista.

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Finalmente a disposizione degli spettatori grazie alla piattaforma di streaming Tencent, dopo esser passato sugli schermi cinesi solo in occasione di una lontana edizione del Festival di Shanghai, il capolavoro del 1999 mostrerà loro una conclusione del tutto diversa da quella originaria. E un pannello finale, che vi riportiamo di seguito.

Niente esplosioni, dunque, né rivelazioni sconvolgenti, ma un testo che ha avuto l’indubbio merito di diventare virale in tutto il Paese. E non solo. Ovviamente scatenando lo sdegno di tutti, e l’ironia di chi immaginava la sorpresa dello stesso regista nello scoprire di aver messo la firma su una storia che finisce con queste parole:

Grazie all’indizio fornito da Tyler, la polizia riuscì a intuire rapidamente l’intero piano e ad arrestare tutti i criminali, impedendo con successo l’esplosione della bomba. Dopo il processo, Tyler venne internato in manicomio ricevendo cure psicologiche. Venendone dimesso nel 2021.

In mancanza di dichiarazioni che aiutino a determinare se la surreale decisione sia stata presa dai produttori originali del film o dallo stesso Tencent, vale la pena ricordare come una pratica del genere non sia del tutto una novità in Cina.

Dove vennero tagliate le scene di Bohemian Rhapsody nelle quali si alludeva alla omosessualità (non illegale, ma costantemente censurata dal 2017, in tv e ora in streaming) di Freddie Mercury, quelle troppo violente di Logan (14 minuti almeno) e quelle relative al traffico di armi di Nicolas Cage in Lord of War, ‘colpevole’ di aver specificato come tra i principali trader del settore ci fosse anche la Cina (insieme a Usa, Regno Unito, Francia e Russia).