James Mangold: «L’età di Indiana Jones è stata un’opportunità» (ESCLUSIVA)

Il regista di Indiana Jones e il quadrante del destino ha parlato con noi del film e del suo approccio classico al cinema contemporaneo

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James Mangold

Ne sono rimasti pochi in giro e James Mangold è senz’altro uno di loro. Parliamo di quei cineasti che guardano all’epoca d’oro di Hollywood come fonte d’ispirazione stilistica, usando quei codici in un cinema moderno. Lo ha fatto anche in Indiana Jones e il quadrante del destino e ne abbiamo parlato con lui a Londra, durante una delle tappe del tour europeo di anteprime del quinto film della saga creata da George Lucas e Steven Spielberg. L’archeologo avventuriero è ancora una volta interpretato da Harrison Ford.

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Classici e generi, entrambe cose che hanno fatto grande la saga di Indy nel corso degli anni, e per questo era difficile trovare un regista migliore di Mangold, in assenza di Spielberg.

«Beh, è molto. Gentile da parte tua. Come sempre cerco di capire cosa fare in base alle sfide del testo. Sai, per prima cosa ho dovuto scrivere un soggetto con i miei compagni di scrittura, inventare una storia, e ho pensato che il tema dovesse essere un film su un così tanto eroe amato ma che ha ormai settant’anni. Mi è sembrato che ci fosse un implicito “non si può ignorare la sua età”, che il film dovesse quasi diventare incentrato su questo punto, perché è una questione dominante nella vita di chiunque una volta che si entra negli anni del tramonto. E per me è diventata un’opportunità.

Probabilmente è un tema che ho già affrontato in modi diversi. E non si tratta solo di un eroe invecchiato, ma anche del mondo che è cambiato intorno a lui. È sempre stato un argomento affascinante per me. Lo è stato in Logan, e certamente uno dei film che mi maggiormente ispirato nella mia carriera è stato Il cavaliere della valle solitaria (Shane, di Anthony Mann, 1953). È stato così in Quel treno per Yuma, e si tratta di un tema molto western, visto in molti film di John Wayne. In Quel treno per Yuma l’epoca dei rapinatori di treni e dei fuorilegge è finita o sta finendo e il personaggio di Russell Crowe percepisce che questo stile di vita è al tramonto.

La consapevolezza che i tempi fossero cambiati era importante per cercare di entrare nel film e allo stesso tempo cercare di trovare la gioia e il fascino di un film di Indiana Jones».

La carriera di James Mangold è iniziata negli anni Novanta

Nel periodo d’oro del cinema indie, con un film dal titolo Heavy (arrivato in Italia come Dolly’s Restaurant). I tempi e i concetti produttivi sono molto cambiati, è cambiato il cinema in molte forme, ma c’è una cosa che non cambia mai: il desiderio di fare film e raccontare storie.

«Sì, ma ci sono anche altre cose che non cambiano. Sai, la cosa interessante è che quando ho fatto Heavy ciò che andava per la maggiore nella cultura cinematografica di quel momento erano Quentin Tarantino e il postmoderno, molto alla moda. Sono un grande fan di Quentin, non ho nulla contro di lui. Mi piacciono quei film, ma sapevo di non poterli fare. Non volevo imitare ciò che andava di moda in quel momento. Sentivo che Quentin stava portando avanti qualcosa di brillante per conto suo e non volevo cercare di imitarlo perché era lo stile caldo del momento.

Così ho fatto Heavy, un film a suo modo molto classico, un dramma ispirato a L’ultimo spettacolo di Bogdanovich o a Hud il selvaggio, il grande film di Martin Ritt con Paul Newman, film che parlano della vita in una piccola città, in contrasto con quello che succedeva in quel momento e che avevano uno stile piuttosto classico. Quando ho girato quel film sono stato influenzato, quasi più di ogni altra cosa, dal lavoro di Ozu. Poi ho continuato su quella strada.

Certamente la dimensione dei miei film è cambiata, anche se non faccio sempre film grandi come Indiana Jones, il prossimo non lo sarà di certo, ma mi aspettano le stesse sfide. Il mio vero lavoro quotidiano consiste nel posizionare la camera in uno spazio con degli attori e far sì che una scena si svolga all’interno di un rettangolo in un modo interessante e convincente, tenendo desta l’attenzione. E magari che ti commuova. Questo è il mio lavoro».

Guarda la nostra video intervista a James Mangold: