DallAmeriCaruso, Walter Veltroni presenta il concerto perduto

Lucio Dalla torna a farci sognare e si prepara a uscire in sala nei cinema

0
Walter Veltroni DallaMeriCaruso

Il 20, 21 e 22 novembre sarà al cinema Dallamericaruso – Il concerto perduto, film evento diretto da Walter Veltroni e realizzato a partire dalle riprese integrali del famoso concerto al Village Gate di New York del 1986, ritrovate, restaurate e rimasterizzate in Dolby Atmos da Sony Music e Nexo Digital, che lo distribuisce in sala (qui l’elenco).

LEGGI ANCHE: DallAmeriCaruso. Il concerto perduto in anteprima e al cinema (trailer)

Un appuntamento che sarà anticipato dall’anteprima di venerdì 19 novembre al Pop Up Cinema Medica 4K di Bologna – alla presenza del regista e degli amici storici dell’artista – e che offre a tutti i fan del grande Lucio Dalla (e a quanti non vogliano perdere l’occasione di scoprirlo) la possibilità di festeggiare ancora gli 80 anni dalla nascita (il 4 marzo 1943) del geniale musicista bolognese scomparso nel 2012.

Ma del quale, soprattutto, abbiamo approfondito alcuni aspetti con lo stesso regista nell’intervista a Walter Veltroni che segue…

Il film è fatto di due momenti che raccontano un’unica storia, quale?
È la storia di un brano e di una tournée. Ma in fondo è la storia di Lucio Dalla nel suo momento più bello. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare questo materiale che racconta Lucio nel suo momento artistico più fecondo.
E abbiamo integrato la bellezza della sua musica, rigenerata sia nell’immagine sia – soprattutto – nel suono, con l’Atmos. L’abbiamo accompagnata contestualizzandola, raccontando sia la Genesi di Caruso, sia l’origine e lo svolgimento di questa tournée negli Stati Uniti. Due frammenti che, componendosi, con il concerto ci descrivono Lucio Dalla nel suo momento più bello.

Qual è la sua unicità, quali le difficoltà nel realizzarlo?
Se ci sono, quando si fa un documentario o un film le si supera. Volendo, la difficoltà maggiore è stata di tipo tecnico, perché avevamo nastri che appartenevano alla cultura tecnologica del tempo, alle possibilità tecnologiche del tempo. E che adesso esprimono una potenza musicale e anche visiva che probabilmente restituisce di Lucio qualcosa di simile alla qualità che io percepivo nei concerti ai quali partecipavo. Intendo dire proprio una qualità emotiva. Credo che chi vedrà questo film, chi verrà al cinema, vivrà il concerto con una partecipazione significativa. Io non ho difficoltà a dire che se le persone vorranno cantare al cinema, sarò felice che lo facciano. Perché un concerto è un concerto. Al cinema è intollerabile tenere i cellulari accesi, ma si può partecipare a un concerto come lo si farebbe se fosse dal vivo.

Cosa rappresenta Lucio Dalla per la cultura italiana, non solo popolare?
Direi libertà, creativa, politica, intellettuale, civile e al tempo stesso la costante voglia di fare squadra. Lucio attorno a sé, con sé, ha cresciuto una generazione di cantanti, di artisti, soprattutto della sua Bologna.

Dopo il film sul concerto di De Andrè con la PFM continua il recupero della memoria musicale, un filone di successo. Nostalgia o c’è qualcosa di più profondo?
Da un certo punto di vista, chi va al cinema va sempre anche un po’ per ritrovare se stesso, e la musica è una meravigliosa Madeleine per ritrovare il proprio tempo perduto. In questo caso poi si incrociano due pubblici diversi, ché per i ragazzi sarà anche un modo di vedere dal vivo qualcosa che magari i genitori gli hanno fatto ascoltare e per capire e conoscere più direttamente. Oltre al fatto che la qualità raggiunta dalle sale con le nuove tecnologie consente ormai di avere una fruizione al massimo livello.

C’è grande modernità nella poetica e nei suoni di Lucio Dalla, come nel modo di vivere fatto di slanci, poesia, ricerca di momenti speciali, capacità di racconto. L’Italia di questi anni è ancora in grado di vivere così la propria vita?
Non so, quello era un momento particolarmente fecondo, era un momento di grande energia, come era stato negli anni sessanta, era un momento di grandi conquiste, di grandi battaglie, di grande partecipazione. Adesso la sensazione è che ci sia più cupezza, più solitudine, che i social abbiano sostituito il desiderio di comunità e che quindi questo finisca col rendere meno collettivamente vissute le emozioni, le esperienze, le passioni del proprio tempo. Forse anche per questo si ha bisogno di emozioni civili, penso che il successo di un film come quello di Paola Cortellesi o come quello di Matteo Garrone, così come il successo di libri, di suggestioni culturali che si alimentano dell’impegno civile, ci facciano capire che la domanda c’è, forse non c’è l’offerta.