Paolo Ruffini, un Ragazzaccio contro il bullismo e il cyberbullismo

Con lui Fiorello, Ghini, Impacciatore e la star del web Jenny De Nucci

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Ragazzaccio, Paolo Ruffini

Promette di piacere davvero ai giovani il nuovo film di Paolo Ruffini, a quasi dieci anni dal suo Fuga di cervelli e sempre molto attivo su temi di grande importanza e delicatezza, come dimostrato negli ultimi documentari Up&Down – Un film normale del 2018 e l’ultimo Perdutamente, sulle esperienze degli affetti dal morbo di Alzheimer e dei loro cari. In Ragazzaccio (in sala dal 3 novembre in 50 copie circa), al centro ci sono i temi del bullismo e del cyberbullismo, ma trattati in maniera intelligente e facilmente accessibile anche ai meno disponibili ad ascoltare tesi lontane dalle proprie convinzioni. Ma soprattutto ai genitori, in generale, e ai tanti ragazzi ai quali ci si rivolge.

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Loro il pubblico identificato dallo stesso comico toscano, che nella presentazione al Teatro Brancaccio di Roma ha voluto ci fossero centinaia di alunni delle scuole della città. Anche per offrire loro la possibilità di partecipare a un contest sulla miglior recensione del film (che sarà giudicata da una vera giuria) e ripetere a tutti che “il vissuto di un bullo e la sua sofferenza sono alle radici di quella che lui stesso può provocare se non viene aiutato, anche a migliorare le proprie relazioni e le aspettative”. Come dice Giuseppe Lavenia della Associazione Nazionale dipendenze tecnologiche, Gap e Cyberbullismo Di.Te. (che ha ricordato il proprio numero verde 800-770-960), tra le entità coinvolte nel progetto, insieme alla cooperativa CassiAvass nata per “Promuovere, prevenire, sostenere”.

Ragazzaccio, Paolo Ruffini

Un teen drama sentimentale che parla al presente, e si preoccupa del futuro, del quale lo stesso Ruffini dice: “l’ho fatto per i ragazzi, mi interessa sapere cosa ne pensate”. Perché, se il covid sembra passato, il trauma e la sofferenza che ha lasciato restano… e con loro una generalizzata difficoltà ad affrontare il futuro da parte dei più giovani, spesso vittime di un’ansia tutta nuova. In parte quel che vive Mattia, il ‘bullo’ protagonista del film che dietro la sua durezza cela un mondo fragile, fatto di difficoltà di comunicazione, anaffettività, mancanza di ascolto. Come migliaia di ragazzi, costretti ad affrontare una pandemia mondiale che ha lasciato una risacca di fragilità emotiva, solitudine, disagio sociale e iper-connessione tecnologica, i cui risvolti reali stiamo scoprendo solo a molti mesi di distanza.

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Interpretato da Giuseppe Fiorello, Massino Ghini e Sabrina Impacciatore, con l’esordiente Alessandro Bisegna (Mattia) e la star di Instagram Jenny De Nucci (Lucia) a dare vita a una storia d’amore e di inclusione, tema che sta particolarmente a cuore al regista, che dedica il suo film: “a tutti quelli che almeno una volta si sono sentiti dire ‘È intelligente ma non si applica’. A tutti quelli che a scuola si sentivano ripetere: ‘Ti butto fuori’, perché i veri danni si fanno quando sei fuori, non quando sei dentro”.

“Lo abbiamo girato in una sola settimana, anche se non si dovrebbe dire. Prima di Pasqua, in un momento complicatissimo nel quale le misure erano molto restrittive – racconta. – Abbiamo lavorato tanto di prove, ma l’idea del film nasce dalla volontà di poter parlare del momento complicato vissuto dagli adolescenti. Tanti adulti hanno sottovalutato le conseguenze psicologiche di quanto accaduto… forse non riuscirò a rendere loro merito, ma volevo mandare una carezza a tutti ragazzi come Mattia”.

“Io ho sofferto di cyberbullismo – racconta proprio Bisegna, arrivato all’esordio sul grande schermo quasi per caso. – Al liceo dove andavo non ricordo invece grandi atti di bullismo. Ma ancora oggi capita che arrivi un commento brutto, anche se lo blocchi, lo segnali, dopo 10 minuti arriva di peggio. Non c’è grande controllo, sui social basta crearsi un nuovo profilo, sono persone che non si mostrano come sono, hanno paura, capiamoli”. “Ritengo che i rapporti interpersonali siano la cosa più bella – aggiunge la sua compagna d’avventura Jenny De Nucci. – Io vivo per parlare e ascoltare le persone, non riesco a spiegarmi come studenti e adolescenti abbiano avuto tanta forza e coraggio nell’attraversare un periodo così difficile, nel quale normalmente impari a relazionarti con la gente. E poi penso ai bambini, che han dovuto vedere i genitori con la mascherina o han dovuto rinunciare ad andare al parco… è stato importante mettermi nei loro panni”.

Ragazzaccio, Alessandro Bisegna e Jenny De Nucci

“E’ stata una esperienza bellissima – conferma Beppe Fiorello. – Erano tutti molto concentrati, e abbiamo cercato tutti di fare il possibile per rendere vero il, che mi pare essere al passo coi tempi, anche se ormai diventa quasi un film storico visto il tema. A me è toccato un personaggio particolare, quasi un sogno di professore, ideale, almeno per gli studenti. Uno che ascolta, che condivide, si fa coinvolgere e coinvolge. Paolo è stato bravo a trovare il modo di parlare della scuola e del rapporto tra insegnanti e alunni”. E aggiunge, rivolto proprio al pubblico più giovane: “non mollate le sale cinematografiche, che in questo momento stanno sofferendo! Stanno tornando! Che sia questo o un altro film, vi preghiamo dal profondo del cuore di tornare a vedere i film al cinema, vederli a casa da soli è triste…”.

Una speranza condivisa da Ruffini, che spiega ai ragazzi come anche con i cinema chiusi in Italia siano stati realizzati 480 film. “C’è qualcosa che si chiama Tax Credit – accenna, prima di rivolgersi direttamente a loro. – Voi avete un problema culturale col cinema, perché sulle piattaforme spesso non c’è scritto né l’anno di produzione né il nome del regista. Dovete accorgervi che il cinema è più bello in sala, e non può essere visto in verticale come i video che fate col telefonino. Dobbiamo creare una connessione tra gli spettatori e cinema, e fare sì che costi meno, che si paghi un biglietto giusto per tornare al cinema”.

“Paolo mi ha proposto di fare una follia insieme, e visto il contesto un po’ appiattito del nostro cinema, almeno negli ultimi anni, ho accettato” ha raccontato Massimo Ghini, conquistato da “come veniva affrontato l’argomento“, che ha poi aggiunto: “Io ho quattro figli, e ho vissuto il covid in maniera molto particolare perché mia moglie era rimasta bloccata a Salerno dalla madre e io sono stato a casa con due maschi e una femmina, che son riuscito a fare rientrare da Londra e che quando è tornata a casa, è stata per 40 giorni chiusa in camera sua. Da padre abbastanza assente, come tanti che fanno questo lavoro, mi è servito per poter stare insieme, condividere e informarmi. Spero che questo film sappia fare lo stesso, e aiutarci anche in questo senso”.

Ragazzaccio, Paolo Ruffini

RAGAZZACCIO
di Paolo Ruffini
Con: Giuseppe Fiorello, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Alessandro Bisegna e Jenny De Nucci
Produzione: Vera Film con Minerva Pictures, Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche Di.Te. di Giuseppe Lavenia, Simone Valenza
Distribuzione: Adler Entertainment – Minerva Pictures

Sinossi:

Mattia è un adolescente, insofferente alle regole. È uno di quelli che dalla classe vengono regolarmente sbattuti fuori, uno di quelli che certi adulti si limiterebbero a definire “come tutti gli altri”, uno di quelli che “è intelligente ma non si applica”. Mattia è arrabbiato. È arrabbiato con i suoi genitori e forse col mondo intero. Mattia è quello che comunemente si direbbe “un bullo”. Frequenta il liceo classico e nella sua mente l’incubo della bocciatura è più pesante dell’incubo del Covid-19, che pervade in Italia con l’esplosione di quella che di li a poco sarà riconosciuta come la pandemia più invasiva di tutti i tempi.
Nel silenzio ansiogeno della quarantena, Mattia passa le giornate chiuso nella sua stanza, tra una video lezione e uno scherzo di pessimo gusto con i suoi compagni. In questa situazione, però, Mattia scopre l’amore. E lo scopre attraverso l’unico modo di comunicare ai tempi del virus: i social network e DaD. Non solo l’amore che gli insegna Lucia, l’idealista e ribelle rappresentante d’istituto, ma anche l’amore per sé stessi e per la bellezza, che cerca di raccontare il suo professore di Letteratura. Infine l’amore per i suoi genitori: suo padre – uomo anaffettivo, infermiere impegnato sul fronte dell’emergenza – e sua madre – schiacciata tra l’ipocondria e la frustrazione di una convivenza forzata.
È così che Mattia trova la voglia di riscattarsi, ma soprattutto impara che la cosa più contagiosa non è il virus, ma l’amore.

Ragazzaccio, Paolo Ruffini