Sergio Castellitto racconta il suo CSC: «Ma non intendo morire manager»

L'attore, regista e sceneggiatore, da ottobre presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale, ha parlato con la stampa dei nuovi progetti in cantiere per l'ente. In pausa di riflessione la ristrutturazione del Cinema Fiamma, mentre prosegue il lavoro per la tre giorni della "Diaspora degli artisti in guerra" a giugno, che vedrà anche un film-testimonianza.

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«Ho cominciato questa esperienza ormai cinque mesi fa. A chi mi ha proposto di assumere questo incarico ho detto che lo avrei fatto solo a condizione di totale libertà e indipendenza, essendo io un uomo che non è mai appartenuto a nessuno se non alla mia storia». Così Sergio Castellitto nel (e sul) ruolo di presidente del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia.

Che tale realtà sia un patrimonio da preservare ce lo dimostra un giro per i luoghi del complesso di via Tuscolana a Roma, dove convivono la formazione nei vari mestieri del cinema (da regia e recitazione a scenografia, effetti visivi, costumi e suono) e, con la Cineteca Nazionale, la conservazione e valorizzazione del passato: incluse le pubblicazioni custodite alla Biblioteca Luigi Chiarini, la più grande in Italia (e tra le maggiori in Europa) dedicata alla settima arte, senza dimenticare l’attività di restauro dei film (si lavora in questi giorni su uno dei cult di Nanni Moretti, Ecce Bombo).

Anche per questo il compito del pluripremiato attore, regista e sceneggiatore romano si presenta delicato. Tanto più dopo un 2023 che ha visto la vera e propria rivolta di buona parte del mondo del cinema (compresi registi come Marco Bellocchio, Mario Martone, Paolo Sorrentino, Nanni Moretti e persino Wim Wenders) e dello stesso CSC (segnatamente il corpo studentesco) contro l’emendamento leghista al DL Giubileo che l’estate scorsa ha modificato la governance dell’ente: tra le altre cose, il Comitato scientifico è passato a 6 componenti pagati dalla stessa Fondazione e nominati dai Ministeri di Cultura, Istruzione, Università ed Economia (del mutato organismo fanno parte, dal 29 gennaio di quest’anno, Gianni Canova, Andrea Appella, Margherita Gina Romaniello, Nicola Guaglianone, Armando Fumagalli, Giacomo Manzoli e Pietro Sarubbi).

Un cambiamento che ha posto fine anzitempo allo scorso CdA, presieduto da Marta Donzelli, sostituito da quello nominato lo scorso ottobre dall’attuale governo e formato, con Castellitto, da Giancarlo Giannini, Pupi Avati, Andrea Minuz, Mauro Carlo Campiotti, Santino Vincenzo Mannino e Cristiana Massaro. Inevitabile allora che si domandi al neopresidente cosa ne sarà del lavoro (interrotto) di chi li ha preceduti.

Sul restauro del Cinema Fiamma «è in corso una serie di riflessioni», dovute alla complessità tecnico-burocratica dell’investimento che, afferma Castellito, «non poteva essere ascritto al PNRR», in quanto «non sarebbe stato possibile realizzare quel superprogetto in due anni. Meglio fare cinque cose e riuscirci che pretendere di farne dieci e non riuscirci». E, aggiunge, «c’è chi pensa non sia urbanisticamente e sociologicamente il cinema più indicato per un’attività destinata alla fruizione, soprattutto, del pubblico giovanile: l’esperienza straordinaria del Cinema America ci insegna che i luoghi contano».

Priorità invece, nelle parole di Castellitto, alla ristrutturazione dei teatri interni al CSC, per far fronte all’esigenza di spazi, e in particolare il cosiddetto «Teatro bruciato”: definizione colorita, romanesca ma che rimanda a qualcosa che è accaduto e non è accaduto». Un luogo che si immagina «potrebbe diventare una specie di micro-Centro Sperimentale all’interno del Centro Sperimentale».

E poi c’è la sede regionale del CSC dell’Isola di San Servolo in Veneto, che si vorrebbe «far diventare una delle più decisive», valorizzandone la prossimità con manifestazioni come la Biennale d’Arte e, naturalmente, la Mostra del Cinema. «Mi sembra un’occasione da non perdere. Probabilmente lì va immaginato un fuso orario diverso, un corso dalla primavera alla fine del Festival di Venezia». La speranza è che «dal prossimo anno si possa partire» con i corsi.

Confermate le rassegne estive Quo Vadis ed Effetto notte (a luglio). In programma anche due master (uno di scrittura creativa con Minimum Fax, l’altro con Anica Academy sul management dello spettacolo), il rafforzamento del reparto editoria (fra le pubblicazioni in arrivo, Cambiali e champagne di Domenico Monetti e Luca Pallanch, in libreria dal 27 marzo per CSC e Minimum Fax, che prosegue la serie dedicata ai produttori cinematografici) e del legame con le altre Cineteche internazionali, in particolare la Cinémathèque francese (con cui organizzare retrospettive).

E poi, soprattutto, c’è l’annunciato progetto della Diaspora degli artisti in guerra: tre giorni, dal 19 al 21 giugno, di incontri con registi, autori, interpreti provenienti da aree del mondo colpite dai conflitti armati. Un modo, dice Castellitto, per «rompere la cupola del convento», proiettando maggiormente il CSC verso l’esterno, nella consapevolezza che «ci sono due guerre a due ore e mezza di volo dalle nostre case, e tutto questo influenza la nostra vita sociale ma anche interiore», con chiaro riferimento alle situazioni a Gaza e in Ucraina.

«Perciò», prosegue, «mi è sembrato interessante ed emozionante che questo luogo aprisse le sue porte e si facesse casa per ospitare cineasti, studenti, scrittori, musicisti, permettere loro di confrontarsi, anche di configgere, nei limiti del dialogo». Un’iniziativa che troverà la sua sintesi in un film-testimonianza ad opera degli studenti col supporto degli insegnanti.

Insomma, commenta scaramantico il nuovo presidente, «Di buone intenzioni è lastricato l’Inferno: le intenzioni buone sono tante, speriamo di non incrociare questo genere di selciato». Niente rivoluzioni all’orizzonte, in ogni caso: «Si fanno in una notte e lasciano solo il sangue. I cambiamenti hanno bisogno di tempo, di riflessione, confrontandosi col muro di ciò che si può e ciò che non si può».

Tanto più che al CSC lui è sostanzialmente un neofita: «È un posto che non ho mai frequentato, ci sono stato una volta, molto tempo fa, chiamato da Gianni Amelio, che mi propose di fare il protagonista per un saggio di diploma». Anche per questo dichiara di voler puntare sulla «collegialità», facilitato dalla «dimensione familiare» che sente di aver trovato: «Molti dei docenti e dei direttori artistici sono persone con cui ho condiviso il mio lavoro, penso a Franco Bernini, a Francesco Friggeri, Francesca Calvelli, Beppe Lanci e così via».

E per quanto riguarda il rapporto con gli allievi, che quest’estate avevano occupato il CSC per protesta contro l’emendamento governativo? «La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato è stata chiedere un’assemblea con gli studenti, che costituiscono, al di fuori di ogni retorica, il capitale umano di questo luogo». E se Castellitto, che afferma di volersi confrontare con i rappresentanti del corpo studentesco, ritiene «abbastanza inimmaginabile» l’ipotesi di una loro presenza all’interno del CdA, considera invece «non solo auspicabile, ma giusto» che partecipino ai consigli didattici.

E non esclude in un futuro prossimo di misurarsi con i ragazzi anche da insegnante: «Se ne avrò il tempo e la possibilità mi piacerebbe costruirmi un mio percorso didattico: un piccolo corso interdisciplinare, fra regia, scrittura e recitazione. Proprio perché non intendo morire manager». Concetto, quest’ultimo, su cui torna a più riprese e non senza ironia: «Ricordo ai miei colleghi attori e registi che non pensassero di avermi archiviato a tagliar nastri!».