IL SOGNO DI FRANCESCO: LA RECENSIONE

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«Vivere umili senza nulla di proprio» è il programma radicalmente utopico di Francesco d’Assisi, che si vede rifiutare da Papa Innocenzo III la richiesta di formare ufficialmente un ordine. Per la Chiesa, uno dei problemi insormontabili della regola dettata dal frate è quello dell’organizzazione: «senza gerarchia non sarete che un gruppo di vagabondi» ammonisce il Cardinale Ugolino. Sarà l’amico e confratello Elia da Cortona a cercare di mediare tra le due posizioni, anche se per ottenere il beneplacito papale sono necessarie molte, probabilmente troppe, concessioni.

Il ritornante scontro tra utopia e compromesso riformista è al centro di questa dignitosissima ricostruzione storica, made in France ma con più di un tocco nazionale (tra i coproduttori anche Raicinema, tra i sostenitori la regione umbra e il Credito Valtellinese), a partire dal protagonista (efficacemente calato nella parte) Elio Germano e da Alba Rohrwacher, pressoché inevitabile Chiara. Non per caso infatti la regia di Renaud Fély (Pauline et François) e Arnaud Louvet (produttore di Viva la sposa e Io sono Li, al debutto dietro la macchina da presa) sottolinea il ruolo di Elia (interpretato da un intenso Jeremie Renier) e gli addentellati con la realtà contemporanea, motivo principale per cui è stato girato:«il XIII secolo italiano assomiglia molto all’oggi: l’esplosione delle ineguaglianze, le guerre quasi endemiche, la concentrazione delle ricchezze (…) i poveri cacciati nelle periferie o nelle campagne, gli esclusi costretti a vagabondare senza fine». E questo vibrare di indignazione ben si coglie in questa «avventura sentimentale e politica», immersa nella natura e nelle rocche medioevali, solo appesantita un po’ da musiche seriose e fuori contesto, inutilmente sottolineanti e invasive (a tratti), eccettuato quando alla fine i personaggi cantano a cappella il Cantico delle Creature (che provoca un effetto commovente e epico, proprio come nei film di John Ford!).