“MISS PEREGRINE – LA CASA DEI RAGAZZI SPECIALI”: LA RECENSIONE

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Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children, Usa, 2016 Regia Tim Burton Interpreti Eva Green, Asa Butterfield, Samuel Jackson, Terence Stamp, Judi Dench, Ruper Everett Distribuzione 20th Century Fox Durata 2h e 7′

In sala dal 15 dicembre 2016

Sulle tracce dello stravagante nonno misteriosamente ucciso, il giovane Jake si reca in una isoletta Galles, a visitare le rovine dell’orfanotrofio che lo ospitava, distrutto da un bombardamento tedesco. In effetti, si tratta di una porta verso un bizzarro intervallo temporale, in cui ancora vivono – in un eterno presente – gli amici del nonno, ragazzi dai poteri speciali accuditi da Miss Peregrine, ovvero una Ymbrine, creatura che possiede la capacità di trasformarsi in un uccello (qui si tratta di un falco). In realtà la stravagante comunità è tutt’altro che al sicuro. Primo perché il giorno in cui si sono rifugiati, è proprio quello in cui la bomba distruggerà la loro casa, secondo perché la loro esistenza è minacciata dai Vacui, esseri mostruosi che si nutrono della loro potenza e dei loro occhi.

Giudicare Miss Peregrine (primo capitolo di una trilogia nata dalla mente di Ransom Riggs) per quel che è o per quello che avrebbe potuto significare o essere? Sì perché a prenderlo così, come uno spettacolo di intrattenimento, allora si deve concedere che si tratta di uno dei migliori rappresentanti del fantasy “alla Harry Potter” , con tutte le cosine al posto giusto: gli effetti speciali, la storia della maturazione del protagonista (interpretato da Asa Butterfield, quello di Hugo Cabret), il super cast (da Eva Green a Samuel Jackson, con Terence Stamp, Judi Dench e Ruper Everett a far da cammei), le fazioni bene-male in apocalittica tenzone, gli umani ignari a far da teatro, persino una battaglia contro gli scheletri che cita teneramente il sublime artigianato di Ray Harryhausen (stregone dell’animazione a passo uno).

D’altro canto, Tim Burton ci ha messo la firma (ma non alla sceneggiatura, tutta briosamente di Jane Goldman), ma forse solo quella. Dell’innovatore dell’horror anni ’90, capace di stravolgere dalla parte dei mostri il punto di vista, con il suo delizioso macabro, depresso e umoristico romanticismo, è rimasto giusto il mestiere acquisito, diventato disponibile a ogni progetto fantasy più prevedibile. Certo il tocco c’è ancora (lo svelare della leggerezza di Emma Bloom/Ella Purnell che si libra in aria trattenuta da un filo come un palloncino, l’innocente e inquietante alterità dei due gemelli mascherati, un certo humour professionale di Barron/ Samuel Jackson), ma è decisamente addomesticato, da comoda routine. Rivogliamo il Burton che preferiamo, quello depresso-isterico di Beetlejuice, di Vincent, dei primi Batman, l’ilare imbonitore pulp di Mars Attack o anche quello poetico-letterario di Big Fish. Questo impiegato del fantastico, tutto sommato è un soggetto culturalmente deperibile come i suoi prodotti.

Massimo Lastrucci

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