The Post: la lezione di democrazia e libertà firmata da Steven Spielberg

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USA, 2017 Regia Steven Spielberg Interpreti Tom Hanks, Meryl Streep, Sarah Paulson, Bob Odenkirk Distribuzione 01 Distribution Durata 1h 56′

Al cinema del 1 febbraio

IL FATTO – Trafugati dall’analista Daniel Ellsberg, dal giugno 1971 il New York Times iniziò a pubblicare quelli che saranno conosciuti come i “quaderni del Pentagono”, ovvero una raccolta di documenti secretati in cui si rivelava come, da Truman a Kennedy e Johnson, tutte le amministrazioni avessero clamorosamente mentito all’opinione pubblica sulla politica americana in Indocina, in particolare sul conflitto nel Vietnam. Mentre Nixon interviene minacciosamente a bloccare ogni successiva uscita, la battaglia per la libertà dell’informazione viene ripresa dal Washington Post, diretto dallo spiccio e impavido Ben Bradlee e proprietà di Katharine Graham. Toccherà proprio a quest’ultima, scegliere se ignorare i diktat del governo e affrontare così un processo dalle conseguenze potenzialmente disastrose o cedere alle preoccupazioni di avvocati, consiglieri e politici amici.

L’OPINIONE – «Sai come mio marito definiva le notizie? La prima bozza della Storia». Eh sì siamo proprio in quel terreno “angelicato”, splendidamente drammatizzato e certamente più idealizzato che reale, che Steven Spielberg è solito occupare per edificare le sue ariose lezioni democratiche (ci riferiamo a Amistad, Lincoln, anche Il ponte delle spie). Grande cinema, forse appesantito dai suoi doveri etici (la libertà di stampa come condizione base della democrazia è una lezione che peraltro abbiamo appreso almeno da L’ultima minaccia del 1952, di Richard Brooks con Bogart) che comunque brilla -a intermittenza- della genialità di un autore galantuomo e professionalmente coscienzioso, vedi l’inizio nel cuore della guerra tutto o quasi solo immagini senza parlato e montaggio (ottimo, di Michael Kahn e Sarah Broshar) o quando la porta dello studio di Bradlee si spalanca e ci mostra il concitato lavoro contro il tempo di un gruppo di firme del Washington Post per riordinare la marea di materiale dei Pentagon Papers che gli è disordinatamente arrivata e disposta a mucchietti sul pavimento.

Dentro una battaglia democratica che sentiamo incondizionatamente nostra, retorica compresa, si agita anche il sotterraneo conflitto personale di una signora high society, Katie Graham, accettata con sufficienza in quanto “sesso debole” dallo stesso suo consiglio di amministrazione («Una donna che predica è come un cane che cammina sulle gambe posteriori»), apparentemente impacciata e sempre inappuntabilmente educata, ma capace di resistere con integrità d’animo a ogni tipo di pressione: «Confermo la mia decisione…e vado a letto». Qualche truce la definirebbe come tipica radical chic, per noi è solo ammirevole, come ammirevole è l’interpretazione di Meryl Streep (osservare come cesella la timidezza del personaggio, persino la sua imprevedibile goffaggine: è pura delizia per cinefili) al suo debutto alla corte di Re Mida Steven, mentre per Tom Hanks, qui nei panni che nello straordinario Tutti gli uomini del Presidente indossò Jason Robards, è già la quinta volta, apparendo comunque come sempre diverso e convincente.

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