“CAROL”: L’AMORE POSSIBILE DI CATE BLANCHETT E ROONEY MARA

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Al cinema dal 5 gennaio, Carol di Todd Haynes è un melodramma sofisticato e antispettacolare, candidato a 5 Golden Globe

Un film solenne, sontuoso, la cui eleganza formale va di pari passo con la forza di una storia d’amore che non è mai sopra le righe: non ci sono scene di sesso estremo né litigi furenti, e neppure rotture traumatiche o tentativi falliti di ricominciare da capo. Non siamo di fronte a una versione di La vita di Adele adattata a New York durante i primi anni Cinquanta. D’altronde, il cinema di Todd Haynes, al suo sesto lungometraggio per il grande schermo, non si è mai distinto per gli eccessi, malgrado abbia spesso e volentieri affrontato vite al limite (le rockstar di Velvet Goldmine e Io non sono qui) o situazioni personali di grande difficoltà esistenziale (Lontano dal paradiso, la miniserie Mildred Pierce).

Carol, tratto dal secondo romanzo di Patricia Highsmith, è un melodramma che si distingue per il controllo delle emozioni, per un’esplosività che viene quasi sempre rimandata: Cate Blanchett è una donna altoborghese in crisi col marito, che si innamora, ricambiata, di una commessa di un grande magazzino di Manhattan, interpretata da un’incantevole Rooney Mara (che ha vinto il Premio per miglior attrice al Festival di Cannes). E mentre ammiriamo l’impeccabile ricostruzione degli ambienti e la cura dei dettagli, al limite del patinato, ci rendiamo conto che il vero tema che interessa a Haynes non è tanto l’amore omosessuale in sé quanto piuttosto la rivendicazione di una femminilità autonoma in una società opprimente che non era ancora stata in grado di emanciparsi dopo la fine della guerra.

L’amore tra le due protagoniste è, quindi, la celebrazione di un desiderio di libertà: non è un caso che l’unico modo che le due protagoniste hanno per esprimerlo in pieno è quello di un viaggio senza meta, e in questo senso Carol sembra un parente molto più stretto di Thelma & Louise di Ridley Scott di quanto possa apparire in superficie. Siamo di fronte a un’opera indubbiamente femminista, ma capace di evitare ricatti retorici e piagnistei: ed è così che risulta funzionale la scelta del regista di lavorare in sottrazione, di affidarsi a due attrici controllatissime e di rinunciare a scene madri, sottolineando la dignità dei caratteri e rafforzando così, a maggior ragione, la robustezza dei loro sentimenti.

Carol è candidato a cinque Golden Globe, ma solo in quattro categorie: miglior film, miglior regia, miglior colonna sonora (perfetto e struggente il lavoro di Carter Burnwell), oltre a Cate Blanchett e Rooney Mara in lizza per il premio di miglior attrice protagonista. Sembra certo che le stesse nomination saranno ribadite anche dai giurati dell’Academy. La notte degli Oscar potrebbe avere come protagonista assoluto il film di Todd Haynes: un’eventuale vittoria andrebbe salutata come una svolta autoriale e adulta, che riconosce i meriti di una messinscena sofisticata e antispettacolare. Per questo, riteniamo ben più probabile che la statuetta vada a una delle due magnifiche protagoniste.

Emiliano Dal Toso