VIGGO MORTENSEN, NUDO ALLA CONQUISTA DI CANNES

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«E mi raccomando: quando fai l’amore sii tenero con lei e ascoltala, anche se non la ami». Fra le varie istruzioni di vita che Viggo Mortensen trasmette al figlio adolescente, è quella che ha suscitato un sospiro collettivo di metà della sala, la parte femminile. Più ancora del suo Full Monty, il nudo frontale di pochi secondi.

Attenzione, non fatevi ingannare dal titolo del suo film, Captain Fantastic: niente potrebbe essere più lontano dall’azione dei supereroi oggi onnipresenti sugli schermi. Il film è pieno di idee, anche se un altro dei suoi paterni insegnamenti è di non accontentarsi della parole che sono facili, ma farle seguire sempre dai fatti.

La famiglia, paradossalmente chiamata Cash, è del tutto anticonvenzionale: vive nei boschi della California del Nord (stato di Wasghington) lontano dalla civiltà capitalista; la tribù di figli, 2 maschi e 4 femmine fra i 7 e i 17 anni, ha nomi inventati, in modo da sottolineare la loro unicità di esseri umani (Bodevan, Kielyr, Vespyr, Rellian, Zaja, Nai); non sono mai andati a scuola,  ma hanno una cultura così accademicamente profonda che citano a memoria il pensiero di filosofi antichi come Platone e moderni come Noam Chomsky e pensano che Nike sia una dea greca e non una marca di scarpe. Quando la madre Leslie si uccide al culmine di una lunga crisi depressiva, dovranno all’improvviso fare i conti col mondo reale.

Se il personaggio di Ben, tardo hippie, anticonsumista e survivalista, sembra sia stato scritto da Mortensen e non dall’attore Matt Ross (al suo secondo film da regista dopo 28 Hotel Rooms che nel 2012 era al Sundance e anche al Torino Film Festival), è perché effettivamente l’attore ci ha messo mano, riempiendo i margini della sceneggiatura di note. E ha portato sul set molti dei suoi oggetti personali (arco e frecce, canoa, bicicletta, libri, coltelli, vestiti, e perfino varie piante). Pur avendo come tutta la troupe una stanza d’albergo non l’ha mai usata, preferendo dormire veramente nella foresta come il suo personaggio. E gli autori, i cui testi il regista ha passato a tutti i suoi attori senza distinzione d’età perché sapessero almeno di cosa parlassero (il naturalista Tom Brown, il filosofo Noam Chomsky, lo scienziato Jared Diamond) Viggo li aveva già letti tutti di suo.

Madre americana e padre danese, è quello che gli americani definiscono un uomo “rinascimentale”: recita, scrive poesie, compone musica, scatta foto, dipinge, ha una sua casa editrice impegnatissima, parla in modo fluente almeno cinque lingue (più l’esperanto imparato per questo film, così come per Il signore degli anelli, in cui era l’eroico Aragorn, aveva studiato l’elfico) e vive il più lontano possibile dai riflettori e dai paparazzi, rifiutando film strettamente commerciali.

«Ho un figlio di 28 anni, quindi anch’io mi sono interrogato sulla moderna figura del genitore: trasmettere autorità, oppure essere anche un amico? Spero che questo film lo vedano in tanti, non per vanità o mero interesse commerciale, ma perché potrebbe suscitare un dibattito estremamente positivo».

Marco Giovannini