Roma 2023: Pappi Corsicato e lo «stupore fanciullesco» di Jeff Koons

Abbiamo intervistato il regista, che nella sezione Freestyle porta il suo nuovo doc "Jeff Koons. Un ritratto privato", in sala il 23, 24 e 25 ottobre per Nexo Digital

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«Bisognerebbe sempre avere in testa quella leggerezza di cui parlava Italo Calvino», afferma Pappi Corsicato, ospite alla Festa del Cinema di Roma, dove il 19 ottobre (nella sezione Freestyle) ha presentato il suo documentario Jeff Koons. Un ritratto privato (in sala il 23, 24 e 25 ottobre per Nexo Digital), dedicato al celebre e discusso artista nato a York nel 1955 e, per alcuni, erede di Andy Warhol e Marchel Duchamp (di cui ha rielaborato la tecnica del ready-made).

Ma il regista partenopeo (tra i cuoi precedenti film, Libera, I buchi neri, Chimera, Il seme della discordia e Il volto di un’altra, ma anche più di 40 doc sull’arte contemporanea) ha scelto come ottica privilegiata, fin dal titolo, l’aspetto più intimo del personaggio, che si racconta negli alti e bassi della vita familiare e personale. Toccando, tra le altre cose, il legame con profondo con l’infanzia e i suoi giochi, il matrimonio con Ilona Staller e il burrascoso divorzio, il rapporto con gli affetti familiari, come la sorella Karen, con l’attuale moglie Justine, la primogenita Shannon (data in adozione e conosciuta solo da adulta) e gli altri figli, anche loro tra gli intervistati.

Il modello per questo viaggio (che ci porta nella tenuta di campagna dei nonni di Koons, nel suo studio a New York e ancora attraverso varie mostre in Europa e fino in Qatar) è, ci spiega Corsicato, il suo precedente doc L’arte viva di Julian Schnabel (2017), «dove c’era lo stesso approccio: di questi artisti a me interessa non tanto raccontare le loro opere, non avrei neanche gli strumenti per farlo in maniera “scientifica”, ma capire le loro personalità, il background dal quale sono partiti. Jeff Koons lo avevo conosciuto anni fa durante una mostra al Museo Archeologico di Napoli, poi l’ho incontrato un’altra volta per il film su Schnabel, che ha aveva collaborato con Koons per le prime opere. A quel punto gli ho chiesto se potevo girare un documentario su di lui e, con molta serenità e semplicità mi ha detto di sì».

Koons, prosegue il regista, «per certi versi è l’opposto di Schnabel, che nasce in un’umile famiglia ebrea, l’altro invece nella media borghesia americana. Uno è un artista più materico, l’altro un artista più concettuale che fa realizzare le sue opere a un team. Ma hanno un elemento che li accomuna: il fatto di avere molto a fuoco ciò che fanno, di non lasciarsi abbattere da nulla, sono totalmente concentrati sul loro lavoro nonostante i periodi di difficoltà economica. Non hanno mai abbandonato l’esigenza di esprimersi».

Nel dibattito sulla figura di Koons, tra estimatori e detrattori, l’idea del cineasta è che, «paradossalmente, lui sia stato male interpretato nel tempo. Sicuramente Koons vuole sorprendere il pubblico, creando quello stupore che si ha quando da bambini si vede una cosa per la prima volta. Ed è questo ad essere molto interessante, secondo me: non è uno stupore scandalistico, è uno stupore fanciullesco. Anche le scene con Ilona Staller, che sono state definite “pornografiche”, in realtà vogliono dire: “Qui ci sono i nostri corpi, e non c’è nulla di male”, e dobbiamo tenere conto che gli americani hanno una visione più puritana del sesso rispetto a noi».

Il tema chiave dell’autore di The New, Glazing Balls ed Equilibrium è insomma, per Corsicato, «mantenere, anche da adulti, la freschezza, la leggerezza, lo stupore dell’infanzia. Non a caso le sue opere sono scintillanti, ti ci specchi dentro, ti fanno ritornare in qualche modo ad essere bambino, ritrovando il lato vitale di quell’età, perché un bambino non è già stufo della vita, non ha già perso la curiosità. Ed è qualcosa in cui mi riconosco, anche io nei miei lavori attingo ad elementi di quando ero più piccolo».