Vista mare – La recensione del doc presentato al Festival dei Popoli

Il film austro-italiano di Julia Gutweninger e Florian Kofler (realizzato con la consulenza drammaturgica di Tizza Covi e Rainer Frimmel) mostra da un'ottica inconsueta i lavoratori del settore turistico in alcune località del litorale adriatico.

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Se un extraterrestre di un pianeta molto diverso dal nostro atterrasse sulla riviera adriatica, cosa penserebbe? Ecco, l’aspetto più interessante del doc di Julia Gutweninger e Florian Kofler Vista mare (già presentato in varie kermesse tra cui il 76° Locarno Film Festival e, da ultimo, il 64° Festival dei Popoli) sta nel suo vedere (e farci vedere) la fabbrica del turismo di massa con gli occhi di un alieno. Che osserva da lontano le spiagge semideserte e quasi distopiche nelle luci tenui dei mesi freddi, poi affollate nei mesi caldi di corpi affamati di riposo e divertimento, mentre altri corpi si muovono senza sosta per provvedere a cibo, cocktail e musica, vegliare su eventuali incidenti, pulire stanze d’albergo e altro ancora.

Il documentario (prodotto da Eutopiafilm e Albolina Film con il sostegno di IDM Film Commission Südtirol) segue così la complessa macchina che muove l’accoglienza e l’intrattenimento degli avventori del litorale Nord-est (in particolare tra Lignano, Jesolo e Riccione), dai preparativi durante l’inverno fino allo smontaggio degli stabilimenti al termine dell’estate, simbolicamente chiusa da un rituale «buon inverno».

Le molte varietà di lavoratori includono operaie che montano gli ombrelloni, cuochi e camerieri dei ristoranti, animatori, bagnini, guardie notturne, dee-jay e venditori ambulanti. Ma i co-protagonisti sono i luoghi, che cambiano volto secondo il periodo dell’anno e il momento della giornata: si pensi allo stacco tra la moltitudine che balla durante la festa serale e il desolato tappeto di rifiuti quando sono finite le danze. O, naturalmente, allo spazio (dalle risonanze onirico-metafisiche) tra il bagnasciuga e la distesa marina su cui, in assenza dei villeggianti, galleggia una solitaria boa.

Lo sguardo dei registi (anche responsabile della fotografia Gutweninger e del suono Kofler, ed entrambi al montaggio) è straniato e straniante come le musiche di Gabriela Gordillo, preferisce i totali degli ambienti ai primi piani e segue in lunghe carrellate chi fatica mentre altri si svagano. Soffermandosi su pasoliniane scavatrici che muovono banchi di sabbia, file di macchine in cerca di vacanze o di bagnanti che fanno la doccia prima di salire sullo scivolo acquatico. E ancora sale giochi in manutenzione, cortei di protesta che denunciano lo sfruttamento degli stagionali (parlando, tra le altre cose, di paghe «da fame», lavoro in nero e assenza di giorni liberi), fenicotteri gonfiabili che galleggiano dentro una piscina ormai (tornata) vuota.

E l’ipotetico visitatore alieno ne può ricavare curiosità e malinconia, consapevolezze e domande, simpatia e inquietudine. Come noi nel guardare le singolari liturgie e le contraddizioni irrisolte della nostra bizzarra civiltà.

RASSEGNA PANORAMICA
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