Miglior film, regia, attrice protagonista, sceneggiatura non originale: quattro candidature agli Oscar per Room dell’irlandese Lenny Abrahamson. Con una nuova stella: Brie Larson
Tra gli otto candidati per l’Oscar nella categoria di miglior film, spunta il titolo di un regista irlandese misconosciuto, Lenny Abrahamson, al suo quinto lungometraggio dopo Adam & Paul, Garage, What Richard Did (inedito in Italia) e Frank. Il cinema di Abrahamson è caratterizzato da un’attenzione particolare alle problematiche psicologiche dei protagonisti: i suoi film sono drammi sensibili, che mettono al centro individui alle prese con umanissimi disagi affettivi e relazionali. Da questo punto di vista, Room rappresenta una specie di summa: una madre (Brie Larson) e il figlio (Jacob Tremblay) sono imprigionati da un padre-padrone in una stanza, fino a quando non trovano la forza per ideare una maniera per ribellarsi e fuggire. Il piccolo Jack ha cinque anni e vive in quella stanza da quando è nato, è convinto che non ci sia nient’altro al di fuori di essa, soltanto l’ignoto. Questo è quello che gli fa credere la madre per nascondergli la violenza della realtà e la brutalità della condizione domestica in cui si trovano. Partendo da qui, Abrahamson sviluppa una “nuova nascita”, una scoperta del mondo da parte di qualcuno che ha già vissuto per cinque anni in un microcosmo comunque sufficiente per crescere e prendere consapevolezza di ciò che gli è intorno. La sconfinatezza per Jack è una novità spiazzante, che viene vissuta con gioia ma, ovviamente, anche con esitazione: il regista riflette così, da una parte, sull’infanzia negata ma, dall’altra, sulla possibilità di sopravvivere in uno spazio limitato nel momento in cui si è ignari di tutto il resto, e dove è possibile ritagliare istanti di gioia grazie al gioco e all’affetto reciproco.
Room non è candidato soltanto a miglior film ma è riuscito a ottenere la nomination anche per la regia, per l’interpretazione femminile e per la sceneggiatura non originale. Abrahamson ha adattato il libro omonimo di Emma Donoghue, uscito per Mondadori col titolo Stanza, letto, armadio, specchio. Lo ha fatto con grande rispetto per i suoi personaggi, affrontando ogni passaggio con attenzione ed evitando la scorciatoia morbosa e ricattatoria. Il successo del film è senz’altro merito anche della magnifica ventiseienne Brie Larson, sicuramente il nome meno noto al grande pubblico tra le cinque nominate, eppure è lei quello da battere: dopo aver vinto il Golden Globe, i bookmaker la danno come la favorita per l’Oscar. Dovrà vedersela con Cate Blanchett (Carol), Charlotte Rampling (45 anni), Saoirse Ronan (Brooklyn) e Jennifer Lawrence (Joy). Non sarà un gioco da ragazze, ma Brie non è una debuttante allo sbaraglio: nell’inedito ma bellissimo Short Term 12 di Destin Cretton era l’educatrice di un centro per adolescenti in difficoltà, costretta a confrontarsi con il proprio passato.