“THE FIGHTERS – ADDESTRAMENTO DI VITA”: LA RECENSIONE

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Les combattants Francia, 2014 Regia Thomas Cailley Interpreti Adèle Haenel, Kévin Azaïs, Antoine Laurent, Brigitte Roüan, William Lebghil, Thibaut Berducat Distribuzione Nomad Film Durata 1h e 38′

In sala dal

16 aprile

Lei è benestante, volitiva e ossessionata dalla fine del mondo e dalla necessità di prepararsi a sopravvivere; lui invece, appena rimasto orfano, non sa ancora bene cosa fare, intanto si adopera ad aiutare il fratello nella piccola impresa edile di famiglia. Madeline e Arnaud hanno 20 anni, tutta la vita davanti e intanto un’estate fondamentale da trascorrere insieme nonostante le differenze sociali e caratteriali. Da romanzetto vacanziero a scuola di sopravvivenza, dalla cronaca di un innamoramento a una apocalisse in formato local.

Bellissimo personaggio quello di Madeline, decisamente inusuale: nuota sott’acqua con uno zaino pieno di tegole, beve frullati di pesce (intero) crudo, stappa le bottiglie di birra con i denti. E’ caustica, tosta, tesa solo a imparare a come sopravvivere alla catastrofe che è certa verrà (“Non ti piace niente. La vita è l’opposto di quel che tu vuoi” le rimprovera l’amico innamorato). La faccia malmostosa che si apre raramente a timidi e solari sorrisi di Adèle Haenel (26 anni) è perfetta, così come la fresca passività di Kévin Azais, l’indeciso Arnaud Labrède che incarna il giovanotto tipo che tutti (o quasi) abbiamo dovuto interpretare sulla nostra pelle. Dialoghi appuntiti, un’attenzione mirata della cinepresa sulle cose, le persone e la natura fanno di The Fighters (in realtà il film è francesissimo) una commedia carica di vitalità, in cui l’humour non è mai pacchiano e la virate verso altri generi (persino il catastrofico) appaiono non gratuite o forzate. Il regista e sceneggiatore Thomas Cailley è al suo primo lungometraggio (prima ha diretto solo il corto Paris Shangai), ma possiede già la maturità e la consapevolezza di chi sa fare spettacolo (rosa) con gli attributi della post-postmodernità, inquietudini globali e incertezze esistenziali comprese. A Cannes ha raccolto un pugno di premi minori, ma ai Cesar (gli Oscar francesi) di quest’anno, ne ha vinti 3: Miglior Opera Prima, uno per Adèle Haenel e uno come Miglior Promessa per Kévin Azais. Un buon viatico.

Massimo Lastrucci