WEB SERIES: MILANO UNDERGROUND

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Quattro episodi girati tutti nelle quattro linee della metropolitana milanese: è la web series Milano Underground, già vincitrice del premio Roma Web Fest: ce la racconta l’autore Giovanni Esposito

1_DSC0062Il primo episodio – col gioco del titolo, Mind the gap, che è al contempo “segno” della metropolitana come non luogo universale, ma anche allusione allo strano rapporto fra distanza e condivisione, ovvero il tema conduttore dell’intera serie – sembra un omaggio a Jules e Jim di Truffaut, romantico e a perdifiato. Il secondo è un dramma di sentimenti e generazioni contrapposti fra un non-padre e una figlia quasi madre. Il terzo abbraccia spavaldo l’umorismo demenziale, con una finta macchina che capterebbe pensieri nascosti ma in realtà dovrebbe servire solo a rimorchiare. L’ultimo è una ragnatela di intrecci, vite scandite minuto per minuto (8.25: Giosuè, 8.40: Alex, 9.06:Felice…) mentre là sotto, come dice uno dei personaggi, “ci inseguiamo, ci rincorriamo, senza accorgercene”, come un filo che riannoda volti e storie e poi, volutamente, scioglie ogni nodo nella vastità degli incroci e delle possibilità. Composta da quattro episodi di lunghezza variabile e generi differenti firmati da altrettanti registi e completamente girata nelle quattro linee della metropolitana milanese, la prima stagione di Milano Underground , vincitrice del premio Roma Web Fest, ha riunito un bel gruppo di talenti, dai produttori Annamaria Onetti e Roberto Bosatra, ai registi Chiara Battistini, Marco Chiarini e Cosimo Alemà, da un affiatato gruppo di giovani attori come Andrea Baglio, Angelo Pisani e Isabella Tabarini, al bravo sceneggiatore Paolo Bernardelli. Ma il notevole equilibrio fra immediatezza emozionale e compattezza ed eleganza di stile che rende Milano Underground una delle più interessanti web series della Rete lo si deve soprattutto a Giovanni Esposito, creatore e autore della serie, nonché regista del primo episodio. Un youtuber decisamente atipico, per formazione e strategie. Che abbiamo incontrato proprio per riflettere con lui su questo nuovo orizzonte artistico e su potenzialità e limiti della Rete.

L’intervista con l’autore

Trentacinque anni, nato e cresciuto a Teramo, sposato e padre di Camilla (con sorellina in arrivo), Giovanni Esposito ha girato parecchio per il mondo (è vissuto a Buenos Aires, Parigi, Londra, San Francisco e Los Angeles), in Usa ha lavorato nel cinema indie come assistente e perfino come scenografo, in Italia ha aperto una sua società realizzando videoclip, filmati pubblicitari, lavorando per diverse produzioni cinematografiche e televisive, ma ha anche firmato documentari d’inchiesta per l’interessante e sfortunata Current Tv fondata da Al Gore. Ma l’elemento che lo contraddistingue è quello di abbinare un amore sviscerato per il cinema classico di ogni filmmaker ad un sano pragmatismo, visto che si è laureato in marketing. Non a caso, e proprio da qui vogliamo partire, per se stesso ha creato un neologismo, quello di manegista.

Con un pizzico d’ironia hai inventato questo termine, manegista, ovvero un regista che è anche manager. A prima vista suona un po’ come una provocazione…

Soprattutto è un invito alla riflessione. Sono convinto che la Rete sia una risorsa e che, grazie alla Rete, stiano nascendo e crescendo tanti nuovi talenti. Però occorre essere realisti: cosa significa concretamente realizzare una web series e mostrarla su youtube? E’ come buttare plancton nell’oceano: ogni minuto ci sono 100 ore di materiale nuovo e tu scompari nel nulla. Il problema è farti vedere, farti scoprire. Per questo devi ragionare anche come un uomo di marketing.

Concretamente l’uomo marketing che è in te come ha lavorato su Milano Underground?

Invertendo il processo. Ovvero, invece di farti scoprire dopo, coinvolgere l’utente finale dall’inizio del progetto. Ogni giorno un milione e 600 mila persone utilizzano la metropolitana milanese. Questo è il nostro pubblico potenziale, che siamo andati a cercare utilizzando facebook e coinvolgendolo, chiedendo storie, suggerimenti, e poi, girando nella metropolitana e trasformando molti curiosi in comparse. Non qualcosa realizzato a porte chiuse, ma un progetto condiviso.

2milano-undergroundQuesto è l’elemento social, che promuove il passaparola. Ma come regista-manager non hai cercato anche uno sponsor?

Il web non ha ancora un modello di business ben definito e questo è un secondo problema. Ma nella mia definizione di manegista non c’è solo il marketing, ma anche il regista, l’autore, con le sue idee e la sua etica. Per cui ho cercatouna strada alternativa al product placement, dove il marchio è spesso ingombrante e, comunque, “appiccicato” ad un’opera. Il modello alternativo si chiama branded content, la presenza del marchio si limita ad un sponsored by, ma la cosa che conta è che l’azienda finanzia il contenuto, ne condivide i valori. Milano Underground cerca proprio di trasmettere non solo storie ma anche riflessioni, come la scoperta dell’altro, l’importanza dei rapporti interpersonali.

A questo punto mi sembra evidente che, con Milano Underground, hai posto le basi per qualcosa di più ampio e complesso.

Questa è l’idea. Già stiamo lavorando ad un Roma Underground. Se ci pensi è un format universale: raccontare la città dal basso, un luogo dove scompare la piramide sociale e tutte le persone sono uguali. E la metropolitana, restando solo in Italia, è presente anche in città come Brescia, Catania, Torino, Palermo, senza pensare a Parigi, Londra, New York o San Pietroburgo. Questa volta non punteremo solo su youtube, ma anche a partner editoriali e ad un minutaggio degli episodi che permetta anche una versione televisiva, o un primo tassello per un futuro progetto cinematografico. Siamo anche in contatto con registi di altri paesi perché vorremmo realizzare un episodio con la stessa trama ma location in metropolitane di altre città, come Berlino o Buenos Aires.

Stefano Lusardi