Settembre, personaggi in cerca d’amore per Giulia Louise Steigerwalt

Con Settembre, Giulia Louise Steigerwalt firma la sua opera prima, una storia corale su un gruppo di personaggi chiamati a fare i conti con le proprie scelte. Al cinema dal 5 maggio.

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Un film realizzato in sole quattro settimane, Settembre, nelle sale dal 5 maggio con 01 Distribution, che segna l’esordio alla regia di un lungometraggio di Giulia Louise Steigerwalt, quarantenne attrice e sceneggiatrice approdata al cinema con Come te nessuno mai di Gabriele Muccino (il regista l’ha poi diretta anche ne L’ultimo bacio) e che negli ultimi anni ha firmato i copioni di Moglie e marito, Croce e delizia e Marylin ha gli occhi neri diretti da Simone Godano, e di Il campione di Leonardo D’Agostini.
A Ciak Giulia racconta il suo “grande passo”…

Perché hai scelto un film corale per la tua opera prima?

Una scelta complessa, me lo aveva detto anche la produzione mettendomi in guardia sul fatto che è più difficile affezionarsi ai personaggi quando sono tanti e che una storia più riuscita di un’altra poteva creare un ritmo discontinuo nel film. A me però piaceva l’insieme di queste tre storie, molto diverse ma con un tema comune.

Quale?

L’importanza di un contatto più profondo con le persone e con noi stessi, la consapevolezza di essere a volte incastrati in situazioni che ci impediscono scelte più autentiche. Scelte che ci permetterebbero di essere felici accettando la non perfezione della vita. Entrare in contatto con qualcuno di sorprendente ci risveglia e ci mette in connessione con quello che siamo veramente.

Oggi sembrano esserci maggiori opportunità per giovani aspiranti registe.

In passato si riponeva poca fiducia nelle donne come capitano di una nave e le stesse ragazze che avevano scelto la strada della regia nelle scuole, una volta uscite facevano altro. Per ragioni culturali le donne si sono proiettate meno in ruoli di leadership, ma ora esiste una maggiore consapevolezza sia a livello sociale che personale. È evidente ormai quanto sia sbagliata l’esistenza di un solo punto di vista, un immaginario a senso unico, meno ricco e sfaccettato. Ora le ragazze sanno di non essere costrette a fare un passo indietro.

È stato un percorso a ostacoli?

Un percorso che ha visto diversi step. Ho iniziato recitando, per puro caso, con Gabriele Muccino, senza sapere bene cosa stessi facendo. Poi è arrivata la scrittura e ho dovuto guadagnarmi il mio spazio di credibilità. Avevo deciso di esordire alla regia e Groenlandia mi ha sostenuto, consigliandomi di fare prima un corto. Tutte tappe molto utili una volta arrivata sul set. La perseveranza mi ha aiutata molto.

Come hai scelto i tuoi attori?

Per Margherita Rebeggiani e Luca Nozzolistata condotta una ricerca molto approfondita, trattandosi di adolescenti dovevamo trovare talenti naturali e attori il più simili possibile ai personaggi. Per gli attori adulti ho avuto la fortuna di lavorare con quelli che avevo in mente dall’inizio, a partire da Bentivoglio, con cui si è creata grande sintonia. Barbara Ronchi è il tipo di donna che cercavo, espressiva, imprevedibile nel suo essere ingenua o consapevole, mentre la naturalezza di Thony è straordinaria, soprattutto in alcune scene in bilico tra felicità e tristezza. È come se vibrasse, come spesso accade alle cantanti. Tesa Litvan è un’attrice croata di teatro, scelta con un provino su zoom: ha imparato talmente bene l’italiano che ha dovuto sbagliare di proposito. Enrico Borello, al suo primo film, è stato una scoperta e Andrea Sartoretti ha trovato un difficile equilibrio per non cadere nello stereotipo del marito stronzo.

Con quale cinema sei cresciuta?

Con quello degli anni Ottanta e Novanta. Ma la mia passione sono i dramedy, il cinema di Alexander Payne, Greta Gerwig, Noah Baumbach. Un mondo che sento accessibile e nelle mie corde per il mix di divertimento e riflessione.