Nessuno potrà mai competere con il miglior esempio di cinema statunitense degli ultimi dieci anni, ossia il “film di 18 ore” di Twin Peaks – Il ritorno tanto amato da Jim Jarmusch, che non sembra ugualmente generoso o entusiasta con tutt’altro genere di serie. O saga, visto che si parla di Star Wars, espressamente citata dal regista tra i film che non vedrebbe mai e ai quali ammette di preferire titoli tutt’altro che di nicchia come Terminator o Crudelia…
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“Non mi piace che mi si rifilino prodotti di massa”, dice – in una lunga intervista con The Believer, nella quale spazia dalla teoria alla pratica, dalla musica alle colonne sonore – ammettendo di avere delle preferenze “molto soggettive” e di essere anche “testardo” quando si parla di cinema.
“Amo davvero, profondamente, l’arte del cinema, ovviamente mi piacciono le opere di registi magistrali. Ma guardo di tutto. In aereo recentemente ho visto Crudelia. Adoro i film di Una pallottola spuntata, perché sono così stupidi, e sono colpito dai film di John Wick, da quante persone può uccidere. Non ho visto i film di Twilight. E ci sono cose che non vedrò mai – ha confessato Jarmusch. – . Non vedrò mai nessun film di Star Wars, perché non sopporto di sapere così tanto su di loro e sui personaggi. Perché tutto questo è nella mia testa quando non ne ho mai visto uno? perché so di R2-D2 e Darth Vader se non ho mai visto nessun film di Star Wars? Non ho mai visto Via col vento e non lo farò mai, perché sento come se mi fosse imposto ed è qualcosa di banale”.
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“Terminator è un capolavoro”, sottolinea, con buona pace di chi lo accusa di snobismo, prima di consigliare un test che potremmo fare tutti… “Guardate un qualsiasi film recente tendenzialmente d’azione e cercate una qualsiasi inquadratura che duri più di tre secondi”.
“E’ il tempo massimo delle riprese che fanno! – dice. – Lo trovo insultante e un cinema di m***a… Mi viene il mal di testa. Spengo e basta. Mi verrebbe da dirgli: Dai, vai a scuola di cinema! Vedi qualcosa! Leggi un libro! Guarda un quadro! Qualcosa… non lo sopporto”.
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L’intervista poi continua con altri consigli, anche di lettura (come il Beaverland: How One Weird Rodent Made America Hardcover di Leila Philip) oltre che di musica, e con la citazione di Birdman. Ma soprattutto con l’interessante teorizzazione di una forma di “sinestesia estetica”, che dalla visione di Rothko passa al brano di Morton Feldman che lo chiama in causa e alla possibilità di ulteriori suggestioni.
Qui l’intervista a Jim Jarmusch su The Believer