The Mauritanian, Jodie Foster nella prigione degli orrori

Kevin MacDonald racconta la storia vera (e poco conosciuta) del mauritano Mohamedou Ould Slahi, ingiustamente detenuto a Guantánamo per 14 anni

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The Mauritanian

Il cittadino mauritano Mohamedou Ould Slahi (Tahar Rahim) viene richiuso nella prigione di Guantánamo. Secondo i Servizi Segreti avrebbe reclutato i dirottatori degli aerei lanciati contro le Torri Gemelle, lui invece si proclama innocente e nonostante non venga né
ufficialmente accusato né processato, resta per anni nel campo di detenzione a Cuba.

Decisa a difendere non tanto Slahi quanto la legge e la Costituzione americana, l’avvocato Nancy Hollander (Jodie Foster, che per questo ruolo ha vinto un Golden Globe) si prepara ad affrontare il procuratore scelto dai militari (Benedict Cumberbatch), che ha più di una ragione per volere morto il mauritano.

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Basato sul libro di memorie Guantánamo Diary, scritto da Slahi durante la prigionia e divenuto un bestseller, The Mauritanian mescola thriller politico e legal drama ed è diretto dallo scozzese Kevin Macdonald, che attende oltre un’ora per mettere in scena quello che il pubblico aspetta sin dall’inizio: il racconto delle torture di Guantánamo, la denuncia di una disumanità perpetrata dai metodi voluti da Donald Rumsfeld, Segretario della difesa con il Presidente George W. Bush, per estorcere confessioni ai detenuti.

Presentato alla Berlinale e disponibile su Amazon Prime Video dal 3 giugno, il film viaggia sicuro, suscitando con maestria rabbia e indignazione, raccapriccio e compassione. Soprattutto quando alla fine una scritta ricorda agli spettatori che nonostante nel 2009
avesse vinto la causa dopo 8 anni di ingiusta detenzione, Slahi ha trascorso altri 7 anni in prigione a causa dell’appello dell’amministrazione Obama.

E che, rilasciato il 17 ottobre 2016 dopo 14 anni e 2 mesi di carcere, non ha mai ricevuto le scuse degli Usa, né il visto che oggi gli permetterebbe di vivere con la moglie americana, dalla quale ha avuto un figlio. E ancora, che dei 779 detenuti a Guantánamo solo 8 erano lì per un’accusa specifica, e che solo 4 di questi erano effettivamente colpevoli. Tutto il resto è crimine contro l’umanità.