La Rai e la fiction italiana al tempo delle piattaforme e nell’anno Netflix. Ne parliamo con Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction – cuore e mente di grandi successi come Il commissario Montalbano e Braccialetti rossi, ma anche Tutti pazzi per amore e La porta rossa – in occasione della messa in onda di L’amica geniale, perfetto incontro tra l’autorialità del cinema garantita da Saverio Costanzo e quella tv generalista che deve prendere molte vitamine d’innovazione per resistere al flusso globale della serialità internazionale.
Andreatta ci racconta la prima volta con HBO, il colosso tv entrato a capofitto nell’impresa fin dalla sua concezione. «Tutto è cominciato nel 2014, quando Fandango ha comprato i diritti del romanzo di Elena Ferrante e ancora non era scoppiata la “Ferrante Fever”. Come Rai abbiamo accettato immediatamente, perché il progetto è vicino ai grandi temi che interessano il servizio pubblico: il punto di vista femminile, l’educazione che crea emancipazione, l’epica di un’amicizia tra due bambine che in realtà racconta l’Italia dagli anni ‘50 a oggi. Il progetto, in coproduzione con Wildside, era anche in linea con la nostra volontà di costruire un forte percorso di internazionalizzazione soprattutto per Rai Uno, grazie a produzioni che si fondano sulla nostra Storia, come I Medici, o su grandi romanzi, come Il nome della rosa, che vedremo nel 2019 e che abbiamo già venduto a BBC e AMC. Grazie all’articolazione del materiale e alla firma di Costanzo, siamo riusciti ad avere un partner prestigioso come HBO, che entra per la prima volta in un progetto non girato in inglese e che sarà sottotitolato. Per loro un inedito, per noi un punto d’arrivo. C’è stato un vero lavoro comune. Abbiamo costantemente condiviso note e appunti sulle sceneggiature con Francesca Orsi, l’executive HBO di origine italiana – i genitori sono di Napoli e di Piedemonte Matese, quindi la storia era nel suo Dna – che ha seguito il progetto a Los Angeles e in location in Italia».
Su quali punti vi siete trovati d’accordo?
La prima decisione, importante e coraggiosa, è stata proprio quella di abbracciare il dialetto arcaico degli anni ‘50, lingua magica dell’infanzia. Per la Rai era poi fondamentale lavorare in Campania, portare lavoro in quel territorio: abbiamo costruito il rione in una larga area ex-industriale vicino a Caserta, quattordici palazzine in muratura, cinque set di interni, una chiesa e il celebre tunnel del romanzo. Insieme a Orsi abbiamo scelto anche la palette di colori che ci ha proposto Costanzo. Per i primi due episodi ha puntato solo su tinte pallide: siamo dopo la guerra, le strade non sono asfaltate, la polvere copre tutto e i vestiti vengono lavati e rilavati, passando di generazione in generazione. Il colore entrerà solo dalla terza puntata, con gli anni ‘60 e i nuovi oggetti del boom che entrano nelle case. Insieme a HBO abbiamo condiviso l’idea di un neorealismo astratto, perché la memoria dell’infanzia è per forza magica, irreale, assoluta.
Importantissimo poi è stato l’uso delle lenti anamorfiche, che consentono di entrare dentro i personaggi rendendo grandi ed epici i sentimenti e le emozioni di queste bambine, amplificando il loro mondo.
L’ha definito un progetto audace per Rai. Un modo per combattere la forza della serialità internazionale e delle piattaforme?
La sana competizione ci porta ad alzare il livello qualitativo e il linguaggio del prodotto per incontrare il nostro pubblico, ma anche quello che non segue più la tv generalista. Vogliamo alzare l’asticella della qualità sia su Rai Uno che, più rapidamente, su Rai Due e Rai Tre, dando spazio al punto di vista femminile, al racconto d’adolescenza, alle diversità. Innovazione, diversificazione e internazionalizzazione sono oggi le nostre parole chiave. Diversificare vuol dire sapersi rivolgere a pubblici molto diversi. Rai Due con La porta rossa e Rocco Schiavone ha riaperto il filo con la serialità internazionale e ridato fiducia alle produzioni italiane. Per Rai Tre abbiamo aperto una linea di racconto in trenta
minuti, con La linea verticale e I topi, fruibili in modo tradizionale e contemporaneamente in streaming su RaiPlay. Vogliamo diversificare anche la fruizione, puntare sul binge watching, con RaiPlay che produrrà anche esclusive destinate al pubblico giovane che non guarda più la Tv. Restiamo però servizio pubblico e per noi l’internazionalizzazione va di pari passo con la valorizzazione dei nostri territori, che diventano il genius loci del racconto. Abbiamo smesso di
delocalizzare e girato in tutte le regioni italiane. Breaking Bad non sarebbe stato lo stesso senza il New Mexico né Fargo senza la neve del Minnesota. Oggi
possiamo dirlo anche noi per la Sicilia di Montalbano, ma anche per la Matera
di Sorelle, la Trieste di La porta rossa, la Napoli de I bastardi di Pizzofalcone.