Dal 21 giugno nelle sale, dopo l’anteprima al Festival di Cannes 2023 arriva l’Elemental di Peter Sohn (Il viaggio di Arlo). Una nuova fantastica magia della Pixar, che arriva dopo Lightyear a soddisfare il pubblico di fan con una animazione ricca di sfumature e sorprese e che in Italia si avvale delle voci dei doppiatori Valentina Romani e Stefano De Martino. Da vedere assolutamente al cinema, anche per non perdere il ritorno del tradizione corto d’apertura – in questo caso L’Appuntamento di Carl – che mancava dal 2018.
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IL FATTO:
Elemental City è una città complessa e affascinante, popolata dalle creature fatte d’acqua che l’hanno fondata, cui si sono aggiunte nel tempo quelle di terra, d’aria e di fuoco che, essendo le ultime arrivate, sono quelle meno integrate, anche per gli oggettivi problemi architettonici di coabitazione con gli altri elementi. Ember Lumen, figlia di immigrati dalla Terra del Fuoco, è un’irascibile cittadina di Elemental che vorrebbe seguire le orme del padre nel negozio di famiglia. Un incidente le procura un incontro/scontro con l’uomo d’acqua Wade Ripple, con cui entra immediatamente in conflitto. Tra i due sembra non poterci essere dialogo, ma quell’incontro cambierà irreversibilmente le vite di entrambi.
L’OPINIONE:
Il regista Peter Sohn, già artefice dell’ottimo corto Parzialmente nuvoloso (2009) e del lungo Il viaggio di Arlo (2015), è figlio di coreani immigrati in America ed è sposato con un’italo-americana. Facile allora leggere in trasparenza quanto questo cartoon, maestoso dal punto di vista visivo e con un uso di sofisticati effetti speciali mai così intensivo prima d’ora, sia stato ispirato da motivi strettamente autobiografici. La toccante dedica finale a genitori del regista, persi nel 2017 e nel 2021, giusto all’inizio e alla fine della realizzazione del film, sigilla questa dichiarazione d’amore animata. Il tema dell’integrazione tra le culture, le abitudini alimentari e i gusti estetici dei cittadini provenienti da diversi luoghi del pianeta, che si trovano a vivere nello stesso luogo, è il basso continuo di una narrazione che, con leggerezza e commozione, dipinge un inno alla comprensione e l’inclusione, più efficace di qualunque proclama politico
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Zootropolis (2016) di Byron Howard, Rich Moore e Jared Bush, dove il regno animale era una palese denuncia e metafora del terrore del diverso e/o dello straniero, che ha afflitto gli Stati Uniti del post 11 settembre.
