Sean Baker su Red Rocket: “mi sono ispirato alla commedia sexy italiana”

Alla Festa di Roma il roma spiega l'omaggio a Ornella Muti e svela i segreti del film

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Red Rocket

Fedele all’immagine di ‘outcast‘ che gli deriva dai soggetti messi spesso davanti alla macchina da presa, l’unico premio portato a casa dal Red Rocket di Sean Baker dal concorso del Festival di Cannes era stata la Dog Palm Premio della Giuria per la piccola Sophie adottata durante le riprese. Oggi, presentando il film alla Festa del Cinema di Roma, è un piacere ritrovare il regista di Tangerine e Un sogno chiamato Florida per approfondire un film nato durante la pandemia – e grazie al Covid – nel quale molto ruota intorno al porno, ma solo apparentemente… vista la confessione di essersi ispirato ai film di genere italiani e alla nostra commedia sexy degli anni ’70 e ’80.

Red Rocket, gli Stati Uniti più periferici di Sean Baker

Cosa la affascinava di questo Mikey Saber?
Ho conosciuto personaggi così quando facevo ricerche sul mondo del porno e dei pornodivi. Già in Starlet avevo parlato del mondo dell’hard, ma nel caso di Mikey “Saber” Davis ho pensato che potesse essere un vero e proprio archetipo. Nel film viene definito ‘Suitcase Pimp’, che è qualcosa di più del semplice “pappone” (Pimp, appunto), è un termine che non conosce nessuno e mi aveva colpito molto sentendolo. Si usa solo in quell’ambiente per definire questi uomini che tendono a sfruttare gli altri. Spesso hanno caratteristiche analoghe, ma anche una psicologia molto complessa. Frequentandoli mi son reso conto che sapevano essere affascinanti in superficie, e simpatici, con loro ridevo molto, ma alla fine della serata tornavo a casa e riflettevo su quel che ci eravamo detti e mi chiedevo perché mi divertissero alcune delle cose che dicevano, che in realtà consideravo disprezzabili. Ho scoperto di essere molto combattuto, di avere emozioni contrastanti. Ed ho cercato di affrontare il personaggio in modo da mettere il pubblico nella stessa situazione, che potesse divertirsi con il personaggio, ma insieme chiedendosene il perché.

Un archetipo costruito comunque su personaggi reali?
Sì, sono soggetti inconsapevoli dell’effetto negativo che hanno sulle persone accanto a loro. Sono estremamente narcisisti e spesso indulgono al vittimismo, ma insieme hanno una fiducia cieca nel loro futuro. Sono molto ottimisti. Personalmente l’ho interpretata come una tecnica di sopravvivenza. Sono davvero persone e personaggi molto complessi, e sapevo da tempo che avrei affrontato l’argomento prima o poi.

Si parla di porno, ma le radici sono altrove…
Negli ultimi anni mi son concentrato molto sui film italiani degli anni ’70: film di genere, non solo western, ma anche i gialli o le commedie sexy e i drammi erotici. Per questo alla fine ho voluto omaggiare Ornella Muti, è la sua carriera che mi ha ispirato Strawberry/Fragolina. Ma in generale mi sono ispirato a cineasti come Fernando Di Leo, Sergio Martino e Umberto Lenzi, che spero si possa riconoscere nel film. Mi hanno influenzato molto. Ho fatto vedere molti di questi film al mio direttore della fotografia, e lui a sua volta mi ha mostrato Sugarland Express di Steven Spieglberg, del quale a distanza di 30 anni mi sono innamorato di nuovo. Ecco, forse questo film è un misto tra le due cose.

Un sogno chiamato Florida: la vita difficile ai margini di Disneyland

Molto particolare anche la parte tecnica, come nasce?
Questo è film del Covid. Sia perché lo abbiamo girato durante la pandemia, sia perché è nato proprio a causa del Covid. Stavo lavorando da due anni al progetto di un film sull’attivismo, sulla droga, qualcosa di molto più grosso, che girerò solo quando il Covid sarà sotto controllo, ed eravamo tutti a Los Angeles per lo stop quando è sorta l’opportunità di girare un film più piccolo. Avevamo in testa questa idea, basata sulla ricerca che dicevo, e i personaggi, mancava solo la location prima di poter passare alla pre-produzione. Doveva essere necessariamente una produzione molto piccola: solo dieci persone, compresi i produttori, che si son trovati costretti a svolgere anche altri ruoli. Tsou Shih-ching, per esempio, oltre a produrre il film fa la direttrice del negozio di donut ed è anche la costumista!

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