Sette anni in Tibet stasera in tv, 5 curiosità sul film con Brad Pitt

Dal disastroso accento austriaco di Pitt alle polemiche con la Cina, scopriamo gli aneddoti più interessanti legati al film del '97 di Jean-Jacques Annaud

0

Se a Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch va il merito di aver riportato la montagna al centro dell’attenzione con il loro Le otto montagne (il film più premiato a David 2023 con quattro vittorie, tra cui Miglior Film), nel 1997 c’era Jean-Jacques Annaud a portarci ad alta quota con il drammatico (e biografico) Sette anni in Tibet, che stasera Rai Movie ci ripropone in TV a partire dalle 21:15.

Un’occasione per recuperare uno dei titoli centrali della filmografia del regista francese intesa a spaziare luoghi ed epoche diverse (prima del Tibet aveva esplorato l’Africa coloniale della prima guerra mondiale con Bianco e nero a colori, la preistoria de La guerra del fuoco, l’Italia medievale con Il nome della rosa, il Canada del XIX secolo con L’orso e l’Indocina dei primi decenni del XX secolo con L’amante) o semplicemente per ammirare un giovane Brad Pitt in ascesa dopo i successi di Seven, L’esercito delle 12 scimmie e Sleepers.

LEGGI ANCHE: Brad Pitt esordisce come scultore, ecco le foto delle sue opere

Sette anni in Tibet, la trama

Il film di Annaud è liberamente tratto dal memoriale omonimo (1953) dell’alpinista ed esploratore austriaco Heinrich Harrer il quale, durante gli anni della seconda guerra mondiale, visse da rifugiato in Tibet, svolgendovi anche il ruolo di precettore e confidente dell’allora giovanissimo Dalai Lama Tenzin Gyatso. 

Nel 1939 l’esperto scalatore Harrer, membro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, viene scelto dal governo per scalare le montagne dell’Himalaya e raggiungere il misterioso Nanga Parbat, la nona vetta più alta del mondo. Durante la scalata viene arrestato insieme al suo gruppo dal presidio dell’Impero britannico in India in quanto cittadini del Terzo Reich: in Europa è iniziata la guerra e tra il governo di Londra e quello di Berlino si sono accese le ostilità. Dopo un periodo trascorso tra le mura del carcere riesce infine ad evadere e raggiunge così il Tibet, dove fa la conoscenza del Dalai Lama e instaura con lui un rapporto intimo e prezioso, che cambierà per sempre la sua vita e la sua visione del mondo.

Le 5 curiosità sul film:

 

Le differenze tra carta e schermo

Esistono importanti differenze tra il libro originale di Heinrich Harrer del 1953 e la sua trasposizione cinematografica. Ve ne segnaliamo qui alcune:

  • Nel film, quando Harrer arriva alla stazione, viene accolto dalle autorità come un “eroe tedesco”. In risposta, lui ribatte seccamente dicendo di essere austriaco. Questa dichiarazione, fatta nel 1939, un anno dopo l’Anschluss (l’annessione dell’Austria alla Germania nazista), implica una sua avversione per il regime nazista e sarebbe stata particolarmente rischiosa da esprimere pubblicamente. Nel libro di Harrer non viene menzionato nulla di tutto ciò.
  • Nel film, la relazione padre-figlio svolge un ruolo chiave nella trama, mentre nel libro Harrer dedica poco spazio a questo aspetto. Sebbene la sua storia familiare sia fedelmente ricostruita, nell’autobiografia Harrer accenna solo a un breve incontro con suo figlio, affermando che non c’era più nulla di significativo che lo legasse alla sua terra d’origine e che questa fosse una delle ragioni per non tornare in Europa e rimanere in Tibet.
  • La visita dei negoziatori cinesi a Lhasa, atterrati in un aeroporto costruito dai tibetani, e la loro partenza per la Cina dopo una breve conferenza con i loro omologhi tibetani sono eventi rappresentati solo nel film e non hanno riscontri né nel libro né nei numerosi testi storici sull’argomento. Inoltre, in quella scena è presente anche un errore anacronistico: all’epoca non esisteva ancora un collegamento aereo a Lhasa Gonggar. L’aeroporto è stato costruito solo nel 1956, dopo l’annessione cinese del Tibet.