Pierfrancesco Favino, nell’incontro al Campari Lounge moderato da Mauro Gervasini, ha dispensato consigli e curiosità sui suoi inizi a giovani attori esordienti. Soffermandosi, a proposito del film Maria con cui è in gara Venezia, sulla sequenza di una partita a carte tutta improvvisata: «Le scene migliori, a volte, sono quelle spontanee». Quando gli chiedono come diventare un grande attore: «Noi tutti davanti alla macchina da presa abbiamo paura. Imparare a recitare significa spogliarsi dalle paure, dall’inadeguatezza, dalle debolezze legate all’ego. I veri attori, come Anthony Hopkins, sono riusciti ad abbandonare tutto quello che è commento o esaltazione di sé. Bisogna liberarsi di ciò che non è essenziale, concentrarsi sulla storia, rispettarla, senza preoccuparsi di essere applauditi». Poi, ha concluso, rivolgendosi a una ragazza che non riusciva guardarlo negli per l’emozione: «Ognuno di noi si costruisce un’immagine di se stesso, quando esce da casa, vergognandosi di com’è quando la mattina si sveglia col viso gonfio, ma magari ad un casting vogliono uno col viso gonfio e voi non lo sapete. Abbiate il coraggio di mostrarvi per quello che siete, senza preoccuparvi. Dovete fare un buon provino non con la speranza di esser presi, ma consapevoli di aver fatto un buon lavoro per voi stessi. Ho ricevuto 14 anni di no, prima di raggiungere grandi sì e spesso non ho capito né perché non sono stato scelto né perché lo sono stato».