HomeCiak In Mostra 2024Raccontare i cambiamenti nel cinema, le tensioni della realtà

Raccontare i cambiamenti nel cinema, le tensioni della realtà

Come avviene sin dalla sua nascita, il cinema è di nuovo cambiato. Anzi è come se l’universo del cinema fosse esploso, sotto la spinta di una forza inarrestabile che, mettendo fine a una stabilità ritenuta immutabile, stia dando vita a una configurazione in cui coesistono realtà diverse e opposte. Da un lato, i film si fanno sempre più piccoli – brevi o brevissimi – per adattarsi ai nuovi contenitori: non più le sale, ma neanche gli schermi accesi sui contenuti degli streamers, bensì i cosiddetti social: Instagram, ma ancor più TikTok e soprattutto YouTube, che recenti indagini di mercato segnalano come la piattaforma più frequentata da giovani e consumatori di video. E dalla Cina arriva la notizia che i maggiori profitti delle case di produzione provengano ormai da brevissimi cortometraggi low budget offerti su Internet alle moltitudini che giornalmente trascorrono ore in spostamenti casa-lavoro con gli occhi incollati agli schermi dei cellulari. Dall’altro capo assistiamo invece all’espansione della durata e delle convenzioni narrative tradizionali. Non sfugge a nessuno che i film si stiano facendo sempre più lunghi, raggiungendo e talvolta superando le tre ore. Gli esempi di questa escalation temporale sono sempre più numerosi, al punto da indurre a ritenere che non siamo più di fronte a eccezioni (peraltro sempre esistite: si pensi ad esempi come Via col vento e al Giorno più lungo), ma all’avvio di un processo destinato a imporre un nuovo parametro spettacolare.

L’81esima Mostra offre esempi significativi di questo doppio movimento espansivo, con numerosi film che eccedono più o meno ampiamente le due ore e quattro serie “d’autore” (Alfonso Cuarón, Rodrigo Sorogoyen, Thomas Vinterberg e Joe Wright), che al di là di ovvie differenze produttive e di contenuti, hanno in comune un approccio stilistico e formale di inconfutabile impronta cinematografica e in vari casi aspirano a una distribuzione in sala, seppur limitata, prima di accedere alla piattaforma all’origine della loro genesi. La proposta integrale di queste quattro serie, di durate comprese fra le cinque ore e mezza di Cuarón e le otto di Sorogoyen, è una sfida per gli spettatori e una scommessa per la Mostra. Un rischio degno di essere assunto, volendo perseguire l’impegno di segnalare, se non anticipare, le tendenze più significative dell’universo cinema. 

D’altronde, i festival cinematografici non vivono in una bolla fisica e temporale priva di rapporti con ciò che accade nel mondo. Il cinema è sempre stato uno specchio dei problemi della contemporaneità, una finestra spalancata sui conflitti continui, le irrisolte contraddizioni, gli scontri insorgenti e le tragedie inattese che incombono sul pianeta martoriato. Lungi dal rappresentare una parentesi illusoria e momentanea nel continuum delle breaking news ricorrenti che assillano la nostra quotidianità, il cinema offre l’occasione di un approfondimento e di una riflessione necessari e insostituibili.

In molti dei film del programma si ritrovano i grandi temi della contemporaneità, dall’esplosione di conflitti armati alla premonizione di una catastrofe climatica travolgente, dall’emergenza connessa a fenomeni migratori inarrestabili alla crescente diffusione di movimenti populisti, suprematisti e nazionalisti contrapposti ai fragili equilibri delle democrazie tradizionali. Consapevole delle responsabilità che ha un evento culturale di rilevanza mondiale, la Mostra opta per le ragioni del confronto, introduce punti di vista diversi, non si sottrae alle polemiche che ne potrebbero conseguire, certa che solo nella dialettica e nella discussione risieda il seme della possibile soluzione ai conflitti e alle contrapposizioni più irriducibili che segnano il nostro tempo.

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