Genere d’autore

Il violino stridente con cui Yorgos Lanthimos ha scelto di accompagnare la prima immagine di Povere Creature! è un richiamo uditivo che riporta immediatamente lo spettatore alla performance musicale della mitica Frau Blücher, interpretata da Cloris Leachman in Frankenstein Jr. e permette all’autore di mettere subito le carte in tavola: il suo film spazierà libero tra i generi, miscelando horror, fantascienza cyberpunk e commedia, il tutto per raccontare un’esaltante vicenda di emancipazione femminile.
Una delle grandi novità cinematografiche di questa Mostra appare in questa nella nuova libertà che i registi si stanno concedendo: quella di narrare opere sicuramente “d’autore”, facendo propri e miscelando liberamente tra loro i canoni dei generi per creare film che non è più possibile ingabbiare in schemi precostituiti. Il fenomeno ha contagiato le cinematografie di tutto il mondo: in Italia Edoardo De Angelis, che già aveva dimostrato di saper uscire dagli schemi in un film come Indivisibili, si è cimentato con i cliché del classico war movie marittimo, per parlare anche dell’obbligo del soccorso in mare; Stefano Sollima, maestro dell’action e del noir, rilegge la criminalità romana in chiave dolente e crepuscolare per affrontare il tema della paternità negata e riconquistata. Tornando all’estero: Luc Besson, che da tempo danza tra i generi, propone l’insolito noir Dogman, mentre Pablo Larraín attinge al mito di Nosferatu, rileggendo i canoni del cinema vampiresco, per una lucida denuncia degli orrori generati in Cile dal sanguinario dittatore Pinochet.
Dopo aver visto che attori e registi non si pongono più problemi nell’affrontare la serialità televisiva, riuscendo così a conquistare un pubblico più ampio di quello delle sale, la nuova frontiera del linguaggio cinematografico sembra ora per i registi quella di imprimere il proprio marchio autoriale in opere che, grazie allo spregiudicato utilizzo dei canoni dei generi, sono in grado di intrattenere il pubblico facendo giungere quello che un tempo era il temuto e retorico messaggio in forma omeopatica.

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